Sindrome dell’ovaio policistico: attenzione a diabete e sovrappeso!
Ciclo irregolare, acne, sovrappeso e peluria eccessiva sul viso spesso vengono scambiati come normali cambiamenti puberali, specie se si tratta di ragazze in età adolescenziale. Potrebbero essere invece le quattro spie della sindrome dell’ovaio policistico (Pcos), un disordine endocrino che colpisce fino al 10% delle donne in età riproduttiva.
La sindrome causa difficoltà nel concepimento, con cicli mestruali irregolari e livelli eccessivi di ormoni maschili, che interferiscono l’ovulazione: questo aspetto diventa un grosso problema nell’età adulta, quando emerge il desiderio di un figlio. Inoltre, nel 30% dei casi, se trascurata, porta ad alterazioni metaboliche come obesità, sovrappeso, diabete e insulino-resistenza: un quadro clinico con importanti ricadute sulla salute e sul benessere psicologico della donna.
Una malattia molto complessa che coinvolge l’ipotalamo, l’ipofisi, le ovaie, il surrene e il tessuto adiposo periferico e che non va confusa con l’ovaio multicistico, condizione che può essere presente nel 25-30% delle donne regolarmente mestruate e con ovulazione.
“L’assenza cronica di ovulazione, una delle condizioni che caratterizzano la sindrome dell’ovaio policistico, porta infatti l’ovaio a produrre più androgeni e di conseguenza alla crescita dei peli, caduta dei capelli e all’incremento delle masse muscolari inducendo in un gran numero di casi sovrappeso, obesità, diabete e sindrome metabolica”, commenta Vincenzo Toscano, presidente eletto AME, Associazione Medici Endocrinologi, e Direttore della Cattedra e UOC di Endocrinologia Facoltà di Medicina, Ospedale Sant’Andrea a Roma, che aggiunge “in questi casi è fondamentale una buona anamnesi che vada a scovare nella storia clinica della paziente tutta una serie di fattori premonitori che possono condurre alla diagnosi di Pcos. In presenza di una diagnosi di Pcos, sono ancora troppo pochi i ginecologi che richiedono esami come il test di carico al glucosio e il profilo lipidico, seppure i due test vengano fortemente raccomandati dall’American Congress of Obstetricians and Gynecologists e sarebbero fondamentali per prevenire il decorso della malattia verso una forma più complessa con alterazioni oltre che endocrine anche metaboliche”.
“Seppure la patologia sia molto diffusa e caratterizzi fino al 10% delle donne in età fertile le opzioni terapeutiche sono solo sintomatiche e le stesse di 10 anni fa, precisa Roberto Castello, past president AME e direttore del Reparto di Medicina Generale a Borgo Trento, Verona. Oltre ad una dieta equilibrata e ad una attività fisica costante, la terapia deve essere personalizzata e valutata in base ai bisogni della paziente. Una particolare attenzione deve essere prestata nella pazienti in cerca di una gravidanza. In questo caso un cambio radicale dello stile di vita, specie se presenti obesità o sovrappeso, è consigliabile ricorrendo a farmaci che migliorino una condizione di insulino-resistenza e pro-ovulatori come il clomifene, terapia di elezione per le pazienti che desiderano una gravidanza. Studi recenti hanno mostrato come la supplementazione con gli inositoli potrebbe avere un suo spazio nel trattamento di questa sindrome”.
“Non va dimenticato l’importante risvolto psicologico della malattia, come evidenziato anche dalle pazienti. La comparsa della peluria pubica prima delle coetanee, l’irsutismo o l’alopecia, insieme al sovrappeso e le difficoltà a perdere peso nonostante un’alimentazione povera di zuccheri e carboidrati e la pratica di attività fisica possono determinare disagio psicologico e difficoltà nei rapporti interpersonali. Per questo motivo è fondamentale un approccio multidisciplinare alla malattia che preveda anche l’aiuto di uno psicologo ma, a volte, come ammesso dalle stesse pazienti la cosa più difficile è ammettere di avere un problema e che si ha bisogno di aiuto”.
“La sensibilità del medico, conclude il dottore Toscano, è fondamentale, soprattutto con le adolescenti, per instaurare un buon rapporto e per far accettare le restrizioni dietetiche e l’incremento dell’attività fisica come presidi essenziali per evitare l’evoluzione della malattia”.