Miomi uterini, ne soffrono 3 donne su 4

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Sono dei tumori benigni e rappresentano un’anomala crescita del muscolo uterino (miomi) o, in altri casi, della componente fibro-connettivale (fibromi); i due termini vengono generalmente impiegati come sinonimi.

I miomi uterini rappresentano la patologia di più comune riscontro nell’ambito della sfera genitale femminile e possono essere causa di gravi sanguinamenti uterini (mestruazioni molto abbondanti, metrorragie), dolore pelvico ed infertilità. Si calcola che, nel corso della vita, ne soffrano 3 donne su 4.

Secondo le più consolidate evidenze scientifiche, l’incidenza dei fibromi varia dal 5,4% al 77% a seconda dell’età della paziente.

Uno studio condotto da un gruppo di ricercatori in Israele, che aveva l’obbiettivo di investigare la prevalenza dei miomi nelle donne mediante ecografia, riportò un 4% nelle donne tra i 20 ed i 30 anni, 11-18% tra i 30 ed i 40 ed il 33% nelle pazienti oltre i 60 anni.

In Italia si stima una prevalenza nella popolazione femminile tra i 30 ed i 60 anni di circa il 25%. Dati importanti per il loro impatto sulle decisioni terapeutiche: quanto più una paziente è giovane, tanto più è consigliabile intervenire presto per rimuovere il mioma, mentre nella donna in menopausa il mioma tende a perdere la sua significatività clinica.

Ivan Mazzon“Sebbene i fibromi uterini di solito non siano pericolosi, possono portare  – spiega il professore Ivano Mazzon, Direttore del Centro di Endoscopia Ginecologica Arbor Vitae – a complicazioni come mestruazioni abbondanti, perdite rilevanti tra un ciclo e l’altro, anemia per forte perdita di sangue, dolore pelvico, senso di peso nella parte più bassa dell’addome. Ma tra le complicanze è sempre più frequente l’evidenza che i miomi possano avere un impatto negativo sulla fertilità e interferire con il desiderio di procreare. Infatti, la presenza del fibroma altera la regolare anatomia e funzionalità dell’utero, andando ad agire negativamente nelle fasi di concepimento ed impianto della gravidanza”.

Tra le varie tipologie esistenti, i miomi sottomucosi sono quelli maggiormente correlati con l’infertilità e rappresentano il 5-10% di tutti i casi.  Inoltre, sono correlati ad un aumento del rischio di complicanze durate la gravidanza come la minaccia d’aborto, il distacco di placenta, il parto pre-termine ed un aumentato ricorso al taglio cesareo.

L’orientamento comune per i miomi sottomucosi è la rimozione per via isteroscopica prima di affrontare la gravidanza. Per quelli intramurali o sottosierosi, invece, vi sono orientamenti contraddittori in letteratura scientifica: non tutti sono d’accorso sul rapporto negativo tra la presenza di questi miomi e una gravidanza. Alcuni autori indicano la rimozione nel caso in cui il mioma sia di 4/5 cm perché potrebbe alterare la contrattilità del muscolo uterino e quindi rendere difficile la gestazione.

Attualmente – sottolinea Mazzon non esiste una terapia farmacologica risolutiva: esistono alcuni farmaci, come gli analoghi dei GNRH o ulipristal Acetato o delle tecniche ad ultrasuoni ma sono una percentuale molto ridotta. I farmaci hanno l’effetto di far ridurre le dimensioni del mioma ma è un effetto transitorio perché tenderà a riformarsi nel tempo. Pertanto, questo tipo di farmaci viene spesso usato, per le pazienti in età fertile, come fase preparatoria all’asportazione chirurgica: prima si attende che con tale terapia si riducano le dimensioni del mioma e dopo 2-3 mesi si procede con l’intervento. La tecnica isteroscopica di “enucleazione con ansa fredda” è riconosciuta scientificamente in tutto il mondo ed utilizzata nei centri con maggiore esperienza sull’argomento: San’Orsola di Bologna, il Policlinico ad Abano Terme, a Palermo, Arezzo, Roma e Milano, alcuni Paesi europei e negli Stati Uniti”.

Per i miomi sottomucosi, e anche in alcuni casi di mioma intramurale, l’intervento che rappresenta il gold standard è l’asportazione per via isteroscopica. Quando vengono trattati con le tradizionali tecniche isteroscopiche, andando a scavare nello spessore della parete uterina con il bisturi elettrico vi possono essere delle complicanze anche estremamente gravi come la perforazione che può coinvolgere anche altre strutture addominali (intestino, vescica, grossi vasi addominali).

Inoltre l’impiego dell’ansa elettrica nello spessore della parete uterina determina quasi costantemente la comparsa di una zona di fibrosi cicatriziale e aderenze all’interno dell’utero, situazioni con effetti negativi sulla fertilità femminile.

Tutto questo verrebbe invece totalmente evitato con l’impiego della tecnica di enucleazione con ansa fredda o Tecnica di Mazzon: in tal caso, nello spessore della parete uterina non si impiega mai l’ansa elettrica ma uno strumento meccanico che non genera calore. Si evitano così totalmente le complicanze e non si formano né aderenze né zone cicatriziali all’interno dell’utero: dopo l’intervento è come se il mioma non fosse mai esistito.

I vantaggi di questa tecnica mininvasiva endoscopica sono evidenti: con l’uso di una telecamera ultra-sofisticata, collegata ad uno strumento sottile (isteroscopio) si riesce a “vedere” la condizione dell’utero con estrema certezza clinica, diagnosticare (isteroscopia diagnostica) e, se necessario, operare (isteroscopia chirurgica) diverse condizioni patologiche come i miomi, polipi, fibromi, iperplasie e in alcuni casi persino tumori maligni. L’intervento avviene in sala operatoria sotto lieve sedazione e dura in tutto venti minuti a seconda della quantità di fibromi da asportare.

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