Disturbo bipolare, il litio a lento rilascio per una maggiore aderenza terapeutica
«Chi ne soffre – spiega Antonio Tundo, Direttore dell’Istituto di Psicopatologia di Roma e Responsabile scientifico di Idea Roma Onlus – alterna periodi di depressione, in cui è molto triste e apatico, a fasi di eccitamento in cui, al contrario, si sente felicissimo, ma spesso anche irritabile, è iperattivo e ha difficoltà a controllare gli impulsi, mettendo in atto comportamenti pericolosi, quali l’abuso di alcol e sostanze stupefacenti, lo shopping compulsivo, la promiscuità sessuale e la guida ad alta velocità».
Il disturbo bipolare è una condizione psichiatrica cronica e ricorrente, in cui il rischio di suicidio è 15 volte superiore rispetto a quello della popolazione generale. Una malattia mentale che colpisce circa 1 milione di persone solo in Italia, soprattutto nella fascia d’età tra i 15 e 44 anni, con pesanti ripercussioni sulla vita familiare e lavorativa dei pazienti.
“Si tratta di una patologia con un impatto molto alto sulla vita quotidiana. L’insorgenza – sottolinea Antonio Tundo – si verifica nella prima età adulta, intorno ai 20-30 anni. Un trattamento non adeguato comporta serie conseguenze: possibili problemi di carattere economico – durante la fase depressiva il paziente spesso non lavora, mentre nel periodo di euforia spende senza controllo e contrae debiti – e ricadute negative sulla vita affettiva e sui rapporti interpersonali. Inoltre, si abbassa l’aspettativa di vita, in parte per l’alto rischio di suicidio nel periodo di depressione, in parte perché la persona non segue in maniera corretta le cure per altre malattie (per esempio, pressione alta e diabete), andando incontro a complicanze di natura medica generale. È fondamentale diffondere una maggiore informazione sulla patologia per superare lo stigma, aiutando il paziente ad accettare senza timore la diagnosi e ad accostarsi con fiducia alla terapia”.
Oggi, per curare questa patologia invalidante, arriva anche nel nostro Paese la prima formulazione a rilascio prolungato del sale di litio, lo stabilizzante dell’umore da decenni considerato il gold standard nel trattamento del disturbo bipolare. Grazie alla sua cinetica, la nuova opzione terapeutica comporta minori effetti collaterali e una riduzione del numero di somministrazioni – la possibilità di assumere una singola somministrazione nell’arco della giornata – rispetto al litio a rilascio immediato, consentendo una maggiore aderenza alla terapia e una migliore gestione del paziente anche a lungo termine.
Un aggiornamento clinico sui trattamenti a disposizione per la cura del disturbo bipolare, con un focus particolare sui vantaggi del litio a lento rilascio, è stato inoltre il tema del convegno “S.A.I. sul Litio – Ciclicità, periodicità, instabilità: le implicazioni per la diagnosi e la cura”, tenutosi nei giorni scorsi a Roma con il grant incondizionato di Angelini, alla presenza di oltre 150 psichiatri.
Diagnosi tardive, elevato tasso di comorbilità con stati d’ansia e disturbi legati all’abuso di alcol e stupefacenti, scarsa coscienza di malattia e l’incostante adesione alle cure rendono spesso difficile la gestione clinica della patologia, che punta principalmente a prevenire le ricadute attraverso una terapia di mantenimento a lungo termine con l’utilizzo di stabilizzatori dell’umore, in primis il litio.
“Le Linee Guida dell’American Psychiatric Association e del National Institute for Health and Care Excellence – dichiara Claudio Mencacci, Presidente della Società Italiana di Psichiatria – considerano il litio il gold standard nel trattamento delle fasi acute maniacali, nella profilassi delle recidive bipolari, nelle fasi depressive del disturbo bipolare e nella depressione ricorrente. Inoltre, numerosi studi, quali una recente metanalisi pubblicata sul ‘British Medical Journal’, hanno confermato l’efficacia del sale di litio nel ridurre il rischio suicidario, che risulta 15 volte superiore nei pazienti bipolari rispetto al resto della popolazione”.
Ma quali sono i vantaggi della formulazione a rilascio prolungato, da oggi disponibile in Italia?
“La nuova proposizione farmacologica –prosegue Mencacci – consente di raggiungere concentrazioni plasmatiche di litio più stabili, un loro aumento più graduale, che si associa ad una diminuzione degli eventi avversi, sia a breve termine – disturbi gastrointestinali e urinari, tremori – sia nel lungo periodo, come problematiche tiroidee, cardiovascolari e renali. La formulazione a lento rilascio permette inoltre di utilizzare il litio a dosaggi più contenuti e di ridurre il numero delle somministrazioni a un’unica al giorno, migliorando in questo modo l’adesione alla terapia da parte del paziente”.
“Il disturbo bipolare rappresenta una condizione estremamente invalidante e con un impatto sociale importante, considerando l’età giovanile d’esordio e l’elevato tasso di suicidio che caratterizza questa malattia”, conclude Daniele Recchi, Direttore della Divisione Pharma Italia di Angelini. “Ci auguriamo che la disponibilità di una formulazione di litio a rilascio prolungato possa rappresentare una nuova scelta terapeutica per il miglioramento della qualità di vita del paziente. È questa la sfida per l’area del sistema nervoso centrale di Angelini, che con questo lancio rinnova un impegno sempre più profondo nella cura della salute mentale”.
Il litio
è un metallo alcalino, scoperto nel 1817 dai chimici svedesi Johan Arfwedson e Jons Jacob Berzelius. All’inizio del ‘900 veniva considerato quasi una panacea, in grado di curare numerose malattie. Negli anni ‘40 del XIX secolo iniziò ad essere impiegato nella pratica clinica per trattare la gotta e gli eccessi di acido urico. Nel 1949 il medico australiano John Cade pubblicò i risultati di uno studio sull’efficacia del litio nella cura di pazienti con mania, che non suscitò però grande interesse, poiché nello stesso anno apparvero le prime pubblicazioni sulla possibile tossicità del minerale. Il lavoro di Cade venne ripreso dallo psichiatra danese Mogen Schou, che per primo dimostrò l’efficacia del litio nella terapia di pazienti maniacali in uno studio controllato e in doppio cieco, pubblicato nel 1954 e accolto con un certo scetticismo dalla classe medica “ufficiale”. Soltanto nel 1970 la FDA riconobbe il litio come terapia d’elezione degli stati d’eccitamento maniacale e profilassi delle ricadute, a seguito della pubblicazione di uno studio danese su Lancet. Oggi è ritenuto la soluzione terapeutica di prima scelta per il trattamento del disturbo bipolare, con una significativa efficacia nella prevenzione di comportamenti suicidari.