Obesità, l’impegno del Kiwanis

Cibo e Salute

L’obesità (definita come indice di massa corporea superiore a 30) è uno degli argomenti che i club Kiwanis affrontano in tutto il mondo: un problema che si sta diffondendo più velocemente di quanto si pensava e che desta preoccupazioni a livello globale.

Il Kiwanis International è un’organizzazione mondiale di volontari, impegnati “a cambiare il mondo, un bambino ed una comunità alla volta”. La sua mission è “Serving the Children of the world”, dedicare le proprie energie al servizio dei bambini. Il Kiwanis è presente in 80 Paesi ed aree geografiche con oltre 16.000 club e oltre 600.000 soci.
Ogni anno vengono destinate al volontariato più di 18 milioni di ore e oltre 107 milioni di dollari vengono spesi per beneficenza in tutto il mondo. Sono più di 150.000 i progetti per l’infanzia che i club del Kiwanis sparsi nel mondo promuovono.

Nonostante il grado di malnutrizione sia uno dei problemi inclusi nei Millenium Goals fissati per il 2030, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), i decessi dovuti all’obesità sono più di quelli causati dalla fame: sovrappeso e obesità sono responsabili dell’80% dei casi di diabete e del 55% dei casi di ipertensione, del 23% delle malattie ischemiche del cuore e tra il 7% e il 41% di alcune forme di cancro. Tanto che, secondo molti, non è sbagliato parlare di “epidemia globale”. A confermarlo sono i numeri: nel mondo, gli obesi sono 600 milioni, il 13% dell’intera popolazione. In occasione del secondo World Obesity Day, Nazioni Unite e Fao (organizzazione dell’Onu per l’alimentazione e l’agricoltura) hanno ribadito che già nel 2014 oltre 1,9 miliardi di adulti erano in sovrappeso e che l’obesità è più che raddoppiata rispetto al 1980. Eppure spesso “l’obesità viene percepita ancora come un problema estetico piuttosto che una vera e propria malattia” ha detto Michele Carruba, direttore del Centro di studio e ricerca sull’obesità dell’Università di Milano.

Al di là della definizione tecnica (importante in quanto comporta un approccio corretto o meno al problema), l’eccesso ponderale è spesso legato a fattori come un’alimentazione scorretta e una vita sedentaria, mentre, fino a non molto tempo fa, si pensava fossero dovuti a fattori genetici. Recentemente, invece, a queste sono state associate altre cause come quelle epigenetiche, legate cioè a fattori come le condizioni sociali, economiche e culturali.

Diversi studi, inoltre, hanno dimostrato che l’obesità non è un “problema dei ricchi”: anzi, molte delle popolazioni più svantaggiate dal punto di vista socioeconomico, paradossalmente, consumano più carne, grassi e carboidrati, piuttosto che frutta e verdura, e curano meno la propria immagine e il proprio benessere fisico. Secondo un rapporto pubblicato dal think tank britannico Overseas Development Institute, quasi due terzi delle persone in sovrappeso vivono in paesi con un reddito medio o basso e in questi paesi negli ultimi 30 anni il numero di persone obese e in sovrappeso è aumentato in modo molto più rapido che nelle nazioni sviluppate. A confermarlo anche uno studio sull’obesità nei bambini e negli adulti condotto dal 1980 al 2013 in 188 paesi (i risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Lancet): l’aumento del tasso di obesità è diventato un problema nei paesi in via di sviluppo.

Un problema che riguarda anche e soprattutto bambini e adolescenti: mancanza di attività fisica e alimentazione scorretta sono le cause principali di un’emergenza sanitaria che, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, provoca 3,4 milioni di morti ogni anno. Secondo gli ultimi dati sull’obesità mondiale, la maggior percentuale di obesi vive in Kuwait, ma questo problema si sta diffondendo a macchia d’olio in molti altri paesi. Come quelli del continente africano, dove il fenomeno ha raggiunto numeri preoccupante. Il “Kenya Demographic abd Healt Survey” afferma che, negli ultimi dieci anni, in Africa, il numero di persone sovrappeso appartenenti all’emergente classe media è aumentato di dieci volte. A Nairobi, ad esempio, dove una persona su due è sovrappeso e dal 2012 il problema è stato riconosciuto ufficialmente dal ministero della Sanità che ha promosso iniziative per limitare il fenomeno. O in Botswana dove più della metà delle donne è obesa; oppure in Nigeria dove lo è un uomo ogni otto. Anche in Camerun e Ghana quasi metà della popolazione è obesa.

Ancora peggiore la situazione in Sud Africa: qui, come ha rilevato Ian Birrell su The Guardian, il tasso di obesità è quasi doppio rispetto alla media mondiale. Secondo lo studio pubblicato sul Lancet, in Sudafrica quasi due terzi della popolazione è in sovrappeso. E, contrariamente a quanto accade nei paesi più ricchi, il problema riguarda più le donne che gli uomini: il 69,3 per cento delle donne sudafricane è in grave sovrappeso e più di 4 su 10 sono clinicamente obese. Ancora una volta ad essere vittime di questa “epidemia” sono soprattutto i bambini (in tutto il mondo sono proprio loro a presentare le maggiori percentuali di obesità): più di un quarto delle bambine e quasi uno ogni cinque bambini sudafricani è in sovrappeso.

Un problema di cui finora le autorità non sembrano essersi curate molto. L’unico a parlarne è stato il ministro della Sanità sudafricano Aaron Motsoaledi, (non a caso un medico). “È strano vedere la malnutrizione coesistere con l’obesità”, ha detto Motsoaledi, ricordando che un quarto dei sudafricani ha ancora difficoltà ad alimentarsi regolarmente. “Nei prossimi dieci anni molti paesi non saranno in grado di affrontare i costi legati alla sanità, e il Sudafrica è decisamente tra questi”, ha aggiunto. Tra le cause di questo problema in Sud Africa, secondo Motsoaledi, ci sarebbe il cambiamento dello stile di vita legato al trasferimento di molte persone dalle campagne alle città e al maggior consumo di cibi “occidentali”, ricchi di zucchero, grassi e sale e ai maggiori consumi di carne. Una tesi che ha ricevuto conferme anche in altri paesi africani: in Kenya una ricerca sull’obesità ha dimostrato come per i membri delle tribù tradizionali come i Masai, i Lou o i Kamba, la possibilità di ingrassare cresce di tre volte quando queste persone si spostano a vivere in zone urbane. Auto, videogiochi, alimentazione sbagliata, grassi e bibite gassate. Sono tutte concause della diffusione dell’obesità.

Un problema, quello dell’obesità, che non è sfuggito agli esperti dell’ONU che già alcuni anni fa avevano lanciato l’allarme, specie per i bambini: ogni anno 2,8 milioni di persone muoiono a causa delle malattie legate all’obesità. Secondo l’Oim, nel mondo, sono più di 42 milioni di bambini sotto i cinque anni sovrappeso (e di questi, 35 milioni vivono in paesi in via di sviluppo o sottosviluppati come l’Africa). Per il “Centre fot International Programmes Collaboration” della Kenyatta University, in Kenya il 17% delle studentesse e il 7% degli studenti fra i 9 e gli 11 anni presentano segni di obesità.

Le prospettive, secondo l’Onu, sono tutt’altro che rosee: nel 2030, metà degli africani vivrà in città e si muoverà sempre meno. E i servizi sanitari locali non saranno assolutamente in grado di far fronte al diffondersi in questi paesi di malattie legate all’obesità.

Oggi, nel mondo, una persona su nove non mangia abbastanza. Per contro, quattro su dieci mangiano decisamente troppo. Al punto da stare male o da morirne. E come conformano gli ultimi report della Fao e del World Food Programme, in molte zone del mondo la situazione continua a peggiorare.

C.Alessandro Mauceri

Kiwanis Club Panormo

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