Duchenne, partita da Catania la task force ‘Early diagnosis’

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È una malattia genetica rara che causa una progressiva degenerazione muscolare portando alla perdita della capacità di camminare e muoversi e poi ad insufficienza cardiaca e respiratoria. In Italia circa 2.000 persone sono affette dalla Distrofia Muscolare di Duchenne (DMD).

La DMD è nota da 150 anni ma fino a poco tempo fa non c’erano terapie farmacologiche specifiche per trattarla: negli anni una combinazione di cortisone e presa in carico multidisciplinare sono riuscite ad innalzare la sopravvivenza dai 12 – 13 anni fino a oltre 30 anni di vita. Tuttavia con le più recenti terapie già in commercio ed altre in avanzata fase di sperimentazione clinica, il tasso di sopravvivenza può essere esteso ben oltre i 30 anni, a condizione che la diagnosi iniziale sia fatta prima che la malattia abbia causato gravi danni.

È proprio per incentivare una diagnosi precoce che PTC Therapeutics, la prima azienda ad aver portato sul mercato una terapia specifica e limitata alle mutazioni non senso, lancia la task force ‘Early Diagnosis’, che vede la stretta collaborazione di pediatri, team multidisciplinari, associazioni ed educatori della prima infanzia.

“La task force rispecchia la nostra mission: –  spiega Riccardo Ena, Country Manager di PTC Therapeutics Italia – contribuire attivamente allo sviluppo quantitativo e qualitativo del tempo di vita per tutti i pazienti con DMD, collaborando strettamente con tutti gli stakeholder e alimentando la responsabilità sociale collettiva. Vogliamo coinvolgere tutti coloro che, oltre ai genitori, vedono il bambino nei primi 2 anni di vita, e vogliamo farlo in maniera capillare sul territorio, perché tra i nostri obiettivi c’è anche quello di minimizzare la mobilità regionale, ancora molto forte nelle malattie rare e dunque anche nella Duchenne, valorizzando non solo la gestione logistica dei bambini con Duchenne ma anche la sostenibilità del nostro sistema sanitario”.

Non è un caso che la task force sia partita da Catania, dove sabato scorso è stato organizzato un incontro formativo al quale hanno preso attivamente parte Parent Project Onlus, la storica associazione dei genitori Duchenne, la UILDM – Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare – e i rappresentati regionali della Pediatria ospedaliera e di libera scelta.

Alla base c’è una constatazione ormai condivisa da tutti coloro che si occupano della malattia: un bambino che a 16 – 18 mesi non cammina, non è un ‘bambino pigro’, come talvolta i genitori si sono sentiti dire, ma un bimbo che ha una difficoltà. Questa difficoltà potrebbe essere la Duchenne. I segni clinici motori e il dosaggio della creatinfosfochinasi (CPK), un semplice, economico e veloce esame del sangue, danno un’indicazione molto chiara per l’attivazione dell’approfondimento diagnostico genetico, determinante per confermare la malattia.

Oggi, che sappiamo di poter fare molto nell’individuare il problema e farcene carico, deve attivarsi una responsabilità condivisa, con ruoli chiari – conclude Riccardo Ena –  Gli educatori che lavorano negli asili nido e i pediatri di libera scelta giocano un ruolo fondamentale: i primi dovrebbero essere messi in grado di riconoscere alcuni campanelli d’allarme della malattia e parlarne correttamente con i genitori, mentre i pediatri, oltre a sviluppare le competenze cliniche per individuare i sintomi motori precoci, rappresentano “gli attivatori” del percorso diagnostico, prescrivendo l’esame del CPK ogni volta che ve ne siano i presupposti e indirizzando i genitori verso i centri DMD qualificati.  Per questo abbiamo deciso di chiamarli ad uno sforzo comune, una “task force” che ci impegniamo a sostenere, affinché da una diagnosi precoce derivi una grande opportunità, quella di una presa in carico tempestiva che possa cambiare la storia naturale di questa malattia e regalare più tempo quantitativo e qualitativo ai pazienti con DMD”.

“La diagnosi precoce è fondamentale per poter avviare quanto prima la presa in carico del bambino. –  spiega Filippo Buccella, responsabile Ricerca e Clinical Network di Parent Project onlus –  Non esiste ancora una cura per la DMD, ma l’applicazione di un approccio multidisciplinare, che comprende la fisioterapia, il trattamento con steroidi, l’assistenza respiratoria, la prevenzione cardiaca e la gestione psicosociale, ha permesso di migliorare le condizioni generali, tanto che nell’ultimo decennio l’aspettativa di vita è raddoppiata. La diagnosi è importante anche per poter estendere l’indagine genetica ad altri familiari e per progettare consapevolmente future gravidanze”.

“Gli studi degli ultimi anni dimostrano chiaramente che identificare precocemente i bambini affetti dalla distrofia di Duchenne aiuta ad intraprendere un percorso riabilitativo precoce che facilita il loro sviluppo psicomotorio e l’acquisizione di importanti tappe motorie”, ha affermato il prof. Eugenio Mercuri, Direttore dell’Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile presso il Policlinico Universitario “A. Gemelli” di Roma.

Il pediatra è la prima sentinella diagnostica in grado di riconoscere le disfunzioni a carico del sistema nervoso periferico e raggiungere una diagnosi precoce – ha affermato il dott. Raffaele Falsaperla, direttore del reparto di Pediatria dell’Ospedale Vittorio Emanuele di Catania nel corso dell’incontro siciliano – è necessario quindi attivare un’intensa attività formativa al fine di diffondere maggiormente le scienze neurologie in ambito pediatrico”.

“Il pediatra di famiglia – ha aggiunto il dott. Antonio Gulino, pediatra di Catania in rappresentanza della FIMP – Federazione Italiana Medici Pediatri – valuta con periodica regolarità attraverso i Bilanci di salute lo sviluppo neuro-evolutivo di ogni bambino e può condividere con le famiglie informazioni appropriate e su misura sul singolo bambino osservato e suggerire attività utili alla promozione del suo sviluppo. Camminare e parlare in ritardo sono sintomi precoci, spesso misconosciuti, presenti nei bambini con DMD. La tempestiva richiesta di esami appropriati e l’anticipazione dell’invio di questi bambini ad un servizio specialistico è per noi pediatri di famiglia fondamentale in quanto rappresenta una precondizione necessaria per avviare interventi efficaci”- ha concluso il pediatra.

 

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