Aneurisma dell’aorta addominale. La rottura è spesso letale
In Italia la rottura dell’aneurisma dell’aorta addominale è un evento che causa 6000 morti ogni anno: in particolare, l’80% dei pazienti muore prima di giungere in ospedale, dove la mortalità degli interventi eseguiti in emergenza è del 50%. Tale rischio al contrario si riduce al 3%, quando l‘intervento può essere fatto in elezione.
Ha un’incidenza stimata nella popolazione generale tra il 4 e l’8 %. L’evoluzione naturale è la rottura, evento drammatico che ha una mortalità enorme (80-90 %) considerando anche le morti prima di arrivare in ospedale; al contrario se viene diagnosticato e trattato prima della rottura le possibilità di successo si avvicinano al 97-98 %. Ancora oggi, tuttavia, continuano ad arrivare in Pronto Soccorso persone con aneurismi rotti o fissurati di 8-10 cm di diametro di cui non sapevano nulla. La stragrande maggioranza sono individui ben al di là negli anni, quasi sempre con più fattori di rischio cardio-vascolari, che certamente avrebbero meritato di sottoporsi ad un esame ecografico dell’addome.
Cosa è?
Per aneurisma dell’aorta addominale (AAA) si intende una dilatazione segmentale dell’aorta addominale eccedente del 50% il normale diametro del vaso. La dilatazione deve coinvolgere tutto lo spessore della parete per differenziarsi da altre patologie (dissezione, pseudoaneurisma). Il normale diametro dell’aorta addominale varia a seconda dell’età del soggetto, della sua corporatura e dell’età.
La storia naturale dell’AAA è caratterizzata da una sua progressiva espansione quasi sempre asintomatica; la velocità di tale espansione è peraltro assai variabile e talora il quadro può rimanere stazionario per anni. L’evoluzione di gran lunga più frequente dell’AAA è la sua crescita sino alla rottura, evento drammatico. Raramente l’AAA è fonte emboligena periferica. Eccezionalmente può evolvere in trombosi completa. La rottura di un AAA è spesso letale: tra i pazienti che giungono ancora vivi in un centro qualificato la mortalità rimane altissima (25-50%); i soggetti di sesso femminile mostrano una mortalità più elevata. Da questi dati deriva l’esigenza di identificare gli AAA e trattarli prima che si rompano. L’AAA è causato da un processo degenerativo (prevalentemente di tipo aterosclerotico), coinvolgente tutti gli strati della parete aortica.
FATTORI DI RISCHIO
Si conoscono alcuni fattori di rischio non modificabili: età avanzata, sesso maschile e familiarità. A partire dai 50 anni negli uomini e tra i 60 e i 70 nelle donne, l’incidenza di AAA aumenta significativamente per ogni decade d’età. Il rischio di sviluppare un AAA è circa 4 volte maggiore nel sesso maschile rispetto al sesso femminile; la familiarità inoltre comporta un rischio di circa 4 volte superiore.
Tra i fattori di rischio modificabili il fumo è il principale; altri fattori di rischio sono ipertensione, ipercolesterolemia, obesità e preesistente arteriopatia occlusiva. Il diabete mellito viceversa riduce il rischio.
La prevalenza dell’AAA era stimata del 4-8% nella popolazione maschile tra i 65 e gli 80 anni. Dati più recenti mostrano una prevalenza minore (2,2%), probabilmente grazie alla progressiva modificazione dei fattori di rischio, in particolare il fumo.
Il più noto fattore predittivo di rottura di un AAA è il suo diametro: in soggetti di sesso maschile è stato calcolato per AAA di calibro inferiore ai 5,5 cm un rischio di rottura dell’1% / anno, per AAA di calibro tra 5,5 e 7 cm un rischio del 10% / anno. Nei soggetti di sesso femminile si è osservato che l’AAA si rompe con calibri minori. Altri fattori predittivi sono la velocità di crescita (specie se > 0,5 cm / anno) e la forma (quello sacciforme più a rischio rispetto al fusiforme).
Come si individua
L’AAA può essere sospettato con l’esame obiettivo (riscontro di iperpulsatilità mesogastrica). Tuttavia per la sua localizzazione profonda nel retroperitoneo l’accuratezza è bassa. L’ecografia è la principale metodica usata nello screening per la sua elevata sensibilità (95%) e specificità (100%). L’angio-TC gioca un ruolo centrale nella diagnosi, nella stratificazione del rischio e nel “management” dell’AAA. I suoi vantaggi sulle altre metodiche di imaging includono il breve tempo richiesto per l’acquisizione e processazione delle immagini, la capacità di ottenere un completo dataset dell’intera aorta a 3 dimensioni e la sua ampia disponibilità. Gli svantaggi consistono nella somministrazione di un mezzo di contrasto iodato, che può causare reazioni allergiche o insufficienza renale. Anche l’uso di radiazioni ionizzanti può limitarne l’uso nei giovani, specialmente di sesso femminile, dato che il rischio di cancro è sostanzialmente più alto nelle femmine che nei maschi. Tale rischio si riduce con età > 50 anni.
Lo screening sistematico nella popolazione ad alto rischio viene effettuato in alcuni Paesi di cultura anglo-sassone e raccomandato da società scientifiche angiologiche in varie parti del mondo.
Come “riparare” l’aneurisma dell’aorta addominale
Sono oggi disponibili due metodiche: il trattamento tradizionale, eseguito sin dagli anni’50, ed il trattamento endovascolare, eseguito per la prima volta nel 1990. Il trattamento tradizionale richiede una laparotomia o una incisione al fianco, l’esposizione e il controllo dei vasi a monte e a valle dell’aneurisma, l’apertura della sacca aneurismatica e l’interposizione di una protesi sintetica. Richiede un ricovero mediamente di una decina di giorni ed è gravato da una mortalità a 30 giorni del 2-3%. Il trattamento endovascolare (EVAR) è meno invasivo. Si basa sulla introduzione attraverso gli assi femorali e iliaci di una endoprotesi che viene ancorata sopra e sotto l’AAA. Per poter essere eseguito tale trattamento richiede una appropriata anatomia comprendente assi iliaci di calibro adeguato per consentire l’introduzione della endoprotesi ed un colletto aortico adeguato al di sopra dell’AAA per consentire l’ancoraggio della stessa. Richiede un ricovero mediamente di 3-4 giorni ed è gravato da una mortalità a 30 giorni inferiore all’1%. Tuttavia, se è presente una minor mortalità iniziale rispetto al trattamento tradizionale, questo beneficio scompare dopo 1-3 anni. La mortalità a distanza (8-10 anni) è simile. I pazienti sottoposti ad EVAR richiedono nei successivi 6 anni un secondo intervento nel 20-30% dei casi, per lo più dovuto allo svilupparsi di endoleak. Sono inoltre state descritte rotture a distanza dell’AAA. Per questi motivi si raccomanda dopo EVAR sorveglianza sine die con ecografia.
Infine, la terapia medica del paziente con AAA è intesa non solo come tentativo di rallentare la progressione verso la rottura ma anche come profilassi secondaria di eventi cardiovascolari fatali e non fatali che sono associati alla patologia aneurismatica dell’aorta addominale nella stragrande maggioranza dei casi su base aterosclerotica.
L’aneurisma dell’aorta addominale è tra gli argomenti del Congresso europeo di Medicina Vasdcolare, organizzato dalla Società Italiana di Angiologia e Patologia Vascolare (SIAPAV) che si terrà a Roma dall’8 al 10 maggio prossimo.