“Cecità Clandestina”. Quando un disturbo neurologico ti rende “funzionalmente cieca”
Gli occhi che si chiudono quando vogliono, e qualche volta rimangono chiusi: la persona rimane quindi, funzionalmente, ‘cieca’. Non può aprire gli occhi e quindi non vede. Per qualche minuto, qualche ora o giorno.
Si manifesta così il Blefarospasmo Essenziale Benigno (BEB), un disturbo neurologico che colpisce soprattutto donne di mezza età provocando una contrazione involontaria dei muscoli elevatori della palpebra, che nei casi più gravi si trasforma in vera e propria cecità funzionale e comunque una grave invalidità, temporanea, ma non meno invalidante. Definito benigno perché non associato ad altre patologie, il disturbo secondo un recente studio italiano potrebbe essere annunciato proprio da un aumento dell’ammiccamento, il battito di ciglia.
Il muscolo orbicolare oculare non funziona adeguatamente e non risponde più al controllo manifestando contrazioni e spasmi intermittenti e involontari. Sostanzialmente si tratta di una distonia focale, bilaterale e spesso cronica così come descritto sul sito della associazione americana Blepharospasm.org. Nonostante l’occhio sia sano, il disturbo rende ciechi e nelle fasi acute gli occhi rimangono ostinatamente serrati per il 75% del tempo. Due terzi dei pazienti inoltre sperimentano una perdita del tono muscolare e tremori del volto. Gli episodi sono in genere improvvisi ma possono essere scatenati da luci brillanti, stress emotivi, movimento e lettura.
Secondo dati americani la prevalenza del disturbo nella popolazione è di 1,6/30 casi su 100.000 individui con una prevalenza del sesso femminile in misura di 3 a 1. Nonostante sia considerato un disturbo raro, interessa circa 150mila persone solo negli Stati Uniti con duemila nuovi casi ogni anno.
Nonostante questo il percorso diagnostico non è facile – di recente i ricercatori del Salk Institute di La Jolla hanno creato un software pensato per valutare i sintomi in modo obiettivo – e molti pazienti si trovano a peregrinare per anni tra diversi specialisti prima di arrivare a una diagnosi esatta.
Non esiste una cura definitiva, i trattamenti spaziano dalla terapia medica a quella chirurgica ma l’approccio più diffuso consiste in iniezioni con tossina botulinica, che dovrebbero rallentare la trasmissione degli impulsi nervosi dai nervi ai muscoli: un trattamento che deve essere ripetuto ogni tre/quattro mesi, con una probabilità di successo calcolata tra l’80 e il 95%, anche se non tutti pazienti risolvono completamente il problema, come confermato da un recente studio tedesco e per questo, sono sempre più numerosi quelli che seguono altre strade.
È la storia che racconta Paola Emilia Cicerone, nel libro “Cecità Clandestina” edito da Maria Margherita Bulgherini che ripercorre la propria storia di malattia con le difficoltà, le frustrazioni, la ricerca di un equilibrio e alla fine la felice risoluzione del disturbo. Una storia ripercorsa con lo stile brillante che distingue la giornalista scientifica e che il 29 novembre sarà presentato per la prima volta a Roma, insieme a Massimo Germani, medico internista, psichiatra e psicoanalista e Marina Risi, esperto di cure integrate, vicepresidente SIPNEI.
Una testimonianza personale che Paola Emilia Cicerone ha voluto integrare partendo dalla sua esperienza di giornalista scientifica per riflettere sulle difficoltà tra paziente e curante, oggi che la medicina sembra aver perso in umanità quello che ha guadagnato in competenza tecnica.
Il blefarospasmo è noto da tempo, la prima testimonianza si troverebbe in un dipinto fiammingo del sedicesimo secolo, De Gaper (L’uomo che sbadiglia) di Brueghel il vecchio: per secoli questo tipo di disturbi è stato considerato segno di follia e chi ne soffriva era rinchiuso in manicomio. Oggi sappiamo che si tratta di una distonia focale di cui non è stata ancora identificata una causa, anche se e alcuni studi con tecniche di neuroimaging funzionale sembrano collegarlo a una disfunzione dei gangli basali, le strutture che controllano il coordinamento dei movimenti muscolari. Sembra comunque che il disturbo sia accentuato da stress, affaticamento e squilibri ormonali.