CFU: il dolore delle donne è sottovalutato e sotto-trattato
Meno conosciuto del gap in termini di redditi e condizioni economiche (gender pay gap), il Gender Pain Gap è il fenomeno per cui il dolore, quando riferito e percepito dalle donne, viene sottovalutato e sotto-trattato.
“Come pazienti fibromialgiche, conosciamo questo fenomeno e lo sperimentiamo sulla nostra pelle” dichiara Barbara Suzzi, Presidente di CFU Italia “sappiamo che il dolore cronico provoca anche emarginazione sociale e il trattamento insufficiente espone al rischio di cronicizzazione, depressione, insonnia, astenia, con compromissione del funzionamento personale e ripercussioni sul lavoro.
Il dolore ha la donna come target privilegiato: queste non solo accusano sindromi dolorose più gravi e frequenti: la differenza è oltretutto attribuibile a differenze biologiche, ormonali e neurosensoriali. Abbondanti dati epidemiologici mostrano che il dolore cronico è più diffuso nelle donne che negli uomini (Fillingim et al., 2009). Le donne hanno il doppio delle probabilità di avere la sclerosi multipla, da 2 a 3 volte più probabilità di sviluppare l’artrite reumatoide e 4 volte più probabilità di avere la sindrome da stanchezza cronica rispetto agli uomini. Nel caso della fibromialgia le donne sono circa il 90% configurando una vera malattia ‘di genere’.
“La differenza con cui il dolore delle donne viene sistematicamente sottovalutato, non considerato e non trattato è un problema culturale” continua la Presidente Suzzi “ed è ascrivibile al dominio del potere maschile in cui uomini e donne sono considerati intrinsecamente diversi e i valori maschili sono considerati più positivi di quelli femminili. Questa cultura non solo è una forma di discriminazione e pregiudizio legato al genere, ma si riflette nell’assistenza sanitaria, con differenze medicalmente non motivate nel trattamento di uomini e donne.
Sebbene le donne sperimentino un maggior numero di condizioni che hanno come leit motiv forme di dolore cronico rispetto agli uomini (tra cui endometriosi, dismenorrea, dispareunia, vulvodinia, emicrania ed ovviamente fibromialgia), il loro dolore viene trattato meno seriamente. Alcune ricerche hanno svelato che le donne che riferiscono dolore hanno una maggiore probabilità di vedersi prescrivere un ansiolitico, rispetto agli uomini a cui vengono invece prescritti antidolorifici.
Tale divario di genere si estende anche al pronto soccorso, dove gli uomini aspettano una media di 49 minuti prima di ricevere antidolorifici in caso di dolore addominale acuto mentre le donne aspettano una media di 65 minuti nella stessa situazione. Le donne hanno anche la metà delle probabilità degli uomini di ricevere antidolorifici dopo un intervento chirurgico di bypass coronarico. Studi condotti nel Regno Unito rivelano che interpretare il dolore come ansia contribuisce al 50% in più di errata diagnosi dopo un attacco di cuore. Un sondaggio del 2020 sulle persone con endometriosi, che richiede in media da sette a nove anni per essere diagnosticata, ha rilevato che le associazioni di dolore ginecologico hanno contribuito a diagnosi ritardate e mancate nel 50 per cento dei casi.
Nello storico documento del 2001, “The Girl Who Cried Pain: A Bias Against Women in the Treatment of Pain”, Diane Hoffman e Anita Tarzian hanno scoperto che “le donne riportano livelli più gravi di dolore, incidenze più frequenti di dolore e dolore di durata più lunga rispetto agli uomini, ma sono comunque trattate per il dolore in modo più blando, meno aggressivo”.
“Le donne non vengono prese sul serio, oppure si ritiene che dovendo partorire siano più avvezze e “destinate” a sopportarlo. Una sorta di contraddizione: perché la donna viene contemporaneamente considerata debole e non in grado di tollerare il dolore o di sopravvalutarne i livelli” prosegue Barbara Suzzi “Quando il dolore fisico delle donne viene liquidato come esagerato e immaginario, o erroneamente diagnosticato come psicologico, la salute femminile ne viene influenzata”.
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