Combattiamo il mal di schiena!

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Le malattie osteoarticolari e il dolore che ne consegue, rappresentano un problema sanitario e sociale di crescente importanza, anche per il costante aumento delle aspettative di vita che comporta l’incremento di patologie degenerative legate all’invecchiamento.

Non stupisce, quindi, che, secondo la valutazione Global Burden of Diseases, condotta nel 2013 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e pubblicata lo scorso anno sulla prestigiosa rivista Lancet, ai primi dieci posti tra le malattie che maggiormente riducono la qualità della vita, ben cinque siano condizioni primariamente caratterizzate da dolore, e il mal di schiena sia in assoluto la condizione più impattante, per via della sua larghissima diffusione.

Secondo un’indagine quantitativa realizzata a fine 2014 da GFK Eurisko emerge che 29 milioni di italiani soffrono di dolori muscoloscheletrici, in particolare il mal di schiena colpisce 21 milioni di individui. I dolori articolari e l’artrosi interessano 11 milioni di persone, in particolare donne.

isabella-cecchiniA soffrire di mal di schiena – sottolinea Isabella Cecchini ‎Head of Health Department GfK – si inizia dai 35 anni di età, mentre i dolori articolari colpiscono prevalentemente una popolazione più anziana con un picco oltre i 55 anni. Alla base di entrambi i disturbi troviamo movimenti e posture sbagliate, vita sedentaria e l’invecchiamento. Nella metà dei soggetti il dolore tende a presentarsi tutti i mesi più volte al mese con intensità che varia da moderata a elevata”.

Nonostante si tratti di disturbi frequenti, intensi, duraturi e pervasivi, che influiscono in modo importante sulla qualità di vita, le persone tendono a sopportare/resistere al dolore.

Solo 1 sofferente su 2 cura il mal di schiena – ricorda –  e 2 su 3 curano i dolori articolari, sottintendendo un bisogno di una soluzione più adeguata. Ci si cura prevalentemente con farmaci orali, anche in concomitanza con creme e cerotti (per un maggior beneficio), attribuendo al medico il ruolo fondamentale nella scelta del farmaco”.

aurelio-sessa“Le malattie osteoarticolari sono tra le prime 10 cause di accesso di un paziente nello studio di un medico di Medicina Generale – dichiara Aurelio Sessa, presidente regionale SIMG per la Lombardia – e, secondo l’Osservatorio Nazionale sull’Impiego dei Medicinali (OSMED), nel 2015 i farmaci per l’apparato muscoloscheletrico si collocano al 9° posto in termini di spesa farmaceutica e al 6° posto in termini di consumo. Il medico di Medicina Generale – continua Sessa – di fronte a un paziente che lamenta dolori osteoarticolari deve svolgere un ruolo di “regista” che, attraverso una valutazione complessiva della storia del paziente, possa raggiungere obiettivi quali ridurre il dolore e la disabilità che ne deriva, migliorare la qualità di vita e raggiungere un equilibrio tra le aspettative del paziente e le strategie terapeutiche. Strategie che devono partire dall’ “educazione” del paziente circa i propri stili di vita, come controllare il proprio peso corporeo, svolgere attività fisica, evitare posture improprie, ridurre sforzi e traumi meccanici, fino alla prescrizione di un adeguato trattamento farmacologico, scegliendo una soluzione che possa coniugare al meglio efficacia e sicurezza, tenendo conto che oggi siamo nelle condizioni di poter personalizzare le terapie a seconda del tipo di dolore e del tipo di paziente.”

Gli antinfiammatori non steroidei (FANS) sono gli analgesici più comunemente prescritti per la gestione del dolore osteoarticolare e la loro efficacia è stata ampiamente dimostrata.

“Il dolore come epifenomeno di un processo degenerativo e infiammatorio delle articolazioni pone delle sfide al medico di Medicina Generale nei confronti dei propri pazienti, specialmente quelli anziani, che maggiormente presentano disturbi di questo genere. Se prendiamo, infatti, in considerazione la fascia di età degli ultra 65enni, dobbiamo tenere presente che circa il 50% di essi presenta comorbilità. Sono, dunque, pazienti politrattati, con molteplici fattori di rischio. Per questo motivo – aggiunge Aurelio Sessa – è importante prescrivere farmaci che interferiscano il meno possibile con la storia clinica del paziente stesso, favorendo l’aderenza al trattamento.”

L’uso diffuso dei FANS è stato messo in discussione a causa della comparsa di complicanze a carico del tratto gastrointestinale superiore e, più recentemente, di eventi cardiovascolari.

Per molto tempo – continua il presidente lombardo della SIMG – si è sottovalutato il rischio cardiovascolare, puntualizzando e rimarcando prevalentemente quello emorragico del tratto gastrointestinale. Partendo dalla premessa che la sicurezza dei FANS varia in dipendenza del dosaggio e della durata del trattamento, oggi il medico ha a disposizione un ampio arsenale terapeutico, con la possibilità di scegliere la molecola che espone a minori rischi. Nel caso specifico, naprossene che presenta un rapporto benefici-rischi favorevole sia dal punto di visto gastroenterico che cardiologico”.

Ed è da poco disponibile in Italia un FANS formulato con una tecnologia innovativa, applicata al principio attivo di provata efficacia e sicurezza, che migliora la risposta ai dolori osteoarticolari in modo rapido e con una sola somministrazione giornaliera.

“Per ottenere rapidità di azione e sollievo dal dolore prolungato – ha dichiarato Alberto Paredes-Diaz, Responsabile Terapie Analgesiche, Affari Medici e Sviluppo Clinico Internazionale di Bayer –  660 mg di naprossene sodico sono stati inseriti in un sistema di rilascio modificato tecnologicamente avanzato a due strati, uno dei quali caratterizzato da una matrice idrofila di ipromellosa. Lo strato a rilascio immediato contiene circa il 40% di principio attivo complessivo e si dissolve entro pochi minuti, consentendo il raggiungimento di concentrazioni terapeutiche in tempi rapidi e un sollievo dal dolore in soli 15 minuti. Lo strato a rilascio prolungato contiene il restante 60% del principio attivo e, grazie a un rilascio controllato, lo mantiene in circolo a livelli terapeutici stabili per 24 ore”.

“Il vantaggio della monosomministrazione giornaliera poi – sottolinea Giorgio Gandolini, Responsabile del Servizio di Reumatologia dell’I.R.C.C.S. Santa Maria Nascente della Fondazione “Don Carlo Gnocchi” ONLUS di Milano –  si sostanzia in un effetto antalgico costante nell’arco della giornata, minori occasioni di ricomparsa del dolore, e di conseguenza una maggiore aderenza terapeutica del paziente, soprattutto se anziano e politrattato”.

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