Donne e aggressioni. Per un’autodifesa senza rischi penali
Le pagine di cronaca registrano ogni giorno episodi di aggressioni nei confronti delle donne. Le statistiche parlano di una crescita esponenziale di violenze verso il genere femminile. Soltanto nel 2015 sono state 652mila le donne che hanno subito il trauma di uno stupro e 746mila quelle vittime di aggressioni sessuali fortunatamente non andate a buon fine.
Al di là della necessità di azioni di prevenzione e accompagnamento alle donne vittime di violenza, sia quella fisica e sessuale ma anche quella psicologica, è opportuno anche che le donne imparino a gestire gli strumenti di autodifesa onde evitare di passare, dal mero punto di vista legale, dalla parte del torto.
“Sono eventi che le donne vogliono dimenticare – spiega l’avvocato Salvatore Frattallone, penalista e LL.M. – e questo desiderio di lasciarsi alle spalle la violenza è uno dei motivi per cui 8 su 10 non denunciano. Meno del 20%, mentre il 5% si rivolge ai centri antiviolenza.
Facendo i debiti calcoli, la possibilità che una donna faccia esperienza di qualche tipo di aggressione nella propria vita è estremamente alta e il fenomeno non è cosa che interessi solo le ragazze, ma non ha limiti di età e arriva sino ad oltre i 70, così come ha fotografato l’Istat.
Sono in aumento le donne che reagiscono e si iscrivono a corsi di autodifesa oppure che, anche a titolo preventivo, si dotano di strumenti di vario tipo, da chiavi a coltellini, oppure acquistano in rete teaser, ossia piccoli strumenti che emettono una dolorosa scarica elettrica o spray al peperoncino. Una mia cliente che vive in una zona isolata mi ha di recente confidato che porta con sé un flaconcino di lacca per capelli da spruzzare negli occhi di un eventuale aggressore e mi ha appunto chiesto cosa succederebbe se dovesse usarlo. Sulla scorta di questa interessante richiesta il nostro network di legali, “View net Legal”, sta mettendo a punto un vademecum che sarà presto disponibile gratuitamente sul sito www.viewnetlegal.com”.
Se, in un eventale scontro, l’aggressore subisse danni fisici potrebbe, infatti, persino rivalersi su di noi poichè non tutti questi “strumenti” di autodifesa sono legali. Oltre al danno si aggiungerebbe, dunque, la beffa.
Quali sono i limiti ad una difesa legittima?
“I fatti possono esser i più diversi e la violenza è commisurata a impedire il delitto. Ma la persona offesa – precisa il Cassazionista di Padova – non sempre può essere in grado di reagire o può aver acconsentito solo a una parte dell’atto violento. Commette violenza sessuale (art. 609-bis c.p.) anche colui che prosegua un rapporto sessuale se il consenso, che la vittima aveva dato all’inizio, viene poi meno qualora il comportamento sconfini in modalità non condivise (Cass. n° 5768/2014). A maggior ragione, può accadere che siano compiuti atti sessuali repentini, cioè improvvisi e all’insaputa della vittima, che neanche è posta in grado di prevenirli e di esprimere il suo dissenso (Cass. n° 46170/2014). Anzi, basta per la punibilità dell’aggressore che questi abbia compiuto un’immediata e concreta intrusione nella sfera sessuale della vittima, mediante il contatto, con le proprie parti intime, di zone genitali o comunque erogene della persona offesa (Cass n° 17414/2016). È indifferente, del resto, che il contatto corporeo sia di breve durata, come pure che la vittima sia riuscita a sottrarsi all’azione dell’aggressore e anche che questi consegua la soddisfazione erotica: se un uomo lecca la guancia d’una ragazza per un bacio non riuscito e contemporaneamente la tocca in parti intime (Cass. n° 4674/2014), come anche se le palpi il seno e le abbassi i pantaloni (Corte d’Appello di Roma, 19.07.2012), la violenza sessuale si considera consumata, non soltanto tentata”.
Cosa succede se la vittima, anche solo di palpeggiamenti, reagisce?
“La difesa legittima rende lecita la condotta di contrasto del pericolo di un’aggressione mediante una reazione proporzionata e adeguata e, invece, l’eccesso colposo consiste nello sbagliare a valutare quel pericolo e nell’usare mezzi non adeguati. È legittima la difesa quando la reazione opposta dalla vittima sia la conseguenza di una situazione di pericolo grave ed attuale, per sé o per i suoi prossimi congiunti, che non consente all’aggredito di allontanarsi, di scappare, dopo aver cercato di disarmare l’aggressore.
Resta però sempre da valutare la proporzionalità della reazione rispetto all’offesa (la concreta minaccia o l’aggressione) ricevuta, perché altrimenti si risponde di eccesso colposo (Cass. n° 13370/2013). Se l’aggressore non ha utilizzato armi né ha provocato lesioni personali alla sua vittima, che ha la forza fisica sufficiente per sottrarsi alle percosse, all’aggredita non è consentito, per difendersi, aggredirlo con un coltello, a maggior ragione se si trova vicino a familiari o altre persone che possano accorrere in suo aiuto (Cass. n° 26172/2010)”.
Praticare arti marziali può, in questi casi, essere paradossalmente uno svantaggio?
“Se la vittima d’una violenza sia cultrice di arti marziali o comunque sia pratica, magari a livello agonistico, di manovre idonee ad assicurargli una difesa adeguata, non potrà invocare la difesa legittima qualora sia ricorsa, senza averne effettiva necessità, a colpi intrinsecamente violenti e chiaramente eccessivi. Un conto è difendersi e attuare una tattica di contenimento, un altro è abusare delle proprie doti di atleta, delle capacità offensive o di tecniche di aggressione e difesa fisica (tipo il krav-maga israeliano, sistemi di combattimento e di self-defense anche da aggressioni armate), dovendosi sempre evitare di attuare reazioni sproporzionate alle aggressioni fisiche subite, tali da sfociare nell’eccesso colposo (cfr. Cass. n° 15999/2016). Ma certamente non bastano solo 6-7 mesi di pratica di un’arte marziale per considerare sufficiente il periodo di tempo in cui procurarsi l’esperienza (Cass. n° 30148/2015).
Se la vittima, per difendersi da chi brandisce un bastone profferendo parole ingiuriose o aggressive, riesce a raccogliere da terra un cacciavite per la necessità di tutelare la propria incolumità fisica: sussiste allora la causa di non punibilità di cui all’art. 52 c.p. Ma attenzione, l’offesa ingiusta deve essere concreta e imminente, così da rendere necessaria l’immediata reazione difensiva, e quindi è punita ogni ipotesi di difesa preventiva o anticipata (Cass. n° 6591/2010)”.
È consentito avere una bomboletta di gas urticante?
“Gli spray chimici, irritanti, paralizzanti, lacrimogeni e le miscele che contengano sostanze infiammabili, corrosive, tossiche e cancerogene hanno una spiccata potenzialità di offesa, sono vietati ed equiparati alle armi da guerra o da sparo. Invece, quelli al peperoncino sono stati dichiarati leciti entro certi limiti: con decreto ministeriale n° 103/2011 è stata fissata la quantità massima di sostanza nociva che può essere spruzzata (deve trattarsi di una composizione vegetale, l’oleoresin capsicum, un estratto di piante di pepe o peperoncino) e sono state precisate altre caratteristiche (sicura, etichetta, confezionamento, istruzioni e precauzioni d’uso) che li rendono leciti (Cass. n° 3116/2012), se invece si utilizzano sostanze spray illegali che possono causare danni permanenti all’aggressore questi ha il diritto di sporgere denuncia e di chiedere un risarcimento danni”.
Lo stesso vale per lo storditore elettrico?
“L’art. 4, comma 1, della L. n° 110/1975 (“Legge Reale”), come modificato con D.L.vo n° 204/2010, sancisce espressamente il divieto di porto assoluto, e quindi al di fuori della propria abitazione o dalle sue appartenenze, di storditori elettrici e di altri apparecchi analoghi. L’apparecchio in grado di produrre scosse elettriche, ad alto o basso voltaggio, è un’arma propria, poiché è di per sé destinato, sia pure per motivi di difesa personale, a offendere l’eventuale aggressore (Cass. n° 228234/2003).
Non sarebbe rilevante, perciò, la sussistenza di un “giustificato motivo”, come quello di rientrare da sola, di notte, da una serata fuori e di temere un’aggressione dovendo percorrere una zona insicura. In ogni caso, non ne è vietata la detenzione tra le mura domestiche, purché si tratti di storditori prodotti in Italia da chi abbia la licenza (art. 31 T.U.L.P.S.) e il loro prototipo sia stato vagliato dalla Commissione consultiva centrale per il controllo delle armi presso il Ministero dell’Interno. Ma gli strumenti in questione possono essere utilizzati per la difesa personale, che da sempre è una finalità considerata lecita. E la tesi che li equipara alle armi non convince e contrasta con il dato letterale di cui ai commi 1 e 5 dell’art. 4 L.R. Di recente. Lo storditore, peraltro, ha una superficie che, per funzionare, deve entrare in contatto con l’aggressore. La Suprema Corte ha stabilito che per lo sfollagente (che rientra nell’elenco di cui art. 4, comma 1, L. n° 110/1975 e perciò è assimilabile allo storditore) bisogna vedere se c’è un giustificato motivo per il porto (Cass. n° 10279/2012)”.
Ma il taser è altra cosa?
“Il taser spara da lontano dei piccoli dardi, collegati con filo elettrico all’apparecchio, che si conficcano sul corpo della persona colpita, immobilizzata con scariche che possono rivelarsi anche mortali: una vera e propria pistola elettrica, micidiale”. Quindi vietatissima.
One thought on “Donne e aggressioni. Per un’autodifesa senza rischi penali”
ho letto l’articolo il comma e tutto il resto, donne difendetevi ma non fategli male, e’ semplicemente demenziale, le restrizioni sono da dementi se mi difendo vengo anche denunciata, allora lasciamoci strupare o ammazzare ancora meglio, ma che razza di leggi abbiamo qua in Italia, ha ragione chi ha torto? ogni giorno succede una violenza contro le donne, mi sembra sufficente per reagire con la stessa violenza.