Endocrinologia, nuove linee di consenso per il trattamento dell’ipotiroidismo
“Una tiroide che non funziona a dovere o che è stata rimossa chirurgicamente ha ripercussioni su tutto l’organismo. Infatti, – spiega Enrico Papini, Direttore UOC Endocrinologia e Malattie Metaboliche, Ospedale Regina Apostolorum, Albano Laziale – dal buon funzionamento di questa ghiandola dipendono il controllo del metabolismo e le principali funzioni dell’organismo quali il battito cardiaco, lo sviluppo del sistema nervoso centrale, l’accrescimento corporeo, il peso, la forza muscolare, il benessere della cute e dei capelli e tante altre ancora. In ugual modo, se la terapia non è adeguata, si può avere un insidioso peggioramento della qualità della vita”.
L’ipotiroidismo colpisce prevalentemente il genere femminile ed è una delle malattie endocrinologiche più comuni colpendo circa 5 milioni di italiani. Una patologia non grave ma con cui fare i conti ogni giorno, ricordando per tutta la vita l’assunzione dell’ormone tiroideo con le limitazioni previste dal trattamento tradizionale e le difficoltà che possono intervenire nel corso degli anni.
“Le linee guida e i documenti di consenso – afferma Rinaldo Guglielmi, Past President AME, Associazione Medici Endocrinologi – hanno un compito arduo: stabilire cosa è corretto per tutti considerando le tante variabili ed eccezioni che la pratica clinica presenta per arrivare a quella medicina personalizzata che ogni paziente chiede. Quando però lo strumento farmacologico è rappresentato da una sola molecola, la levotiroxina, il più importante ormone della tiroide prodotto per sintesi, deve essere prestata la massima attenzione a tutte le condizioni che possono interferire con la terapia. Queste linee di indirizzo personalizzano il trattamento non solo secondo parametri fisici, come peso ed età, ma ribadiscono che la gestione della malattia deve essere in accordo anche con lo stile di vita e le preferenze del paziente. Infatti, nella scelta della terapia non deve essere considerato solo il raggiungimento dell’equilibrio ormonale ma anche il benessere del paziente e i fattori che possono influenzare l’aderenza alla terapia. Un benessere che può corrispondere con la semplicità della forma farmaceutica: meno eccipienti meno possibili effetti collaterali”.
“Nei casi in cui la terapia sostitutiva presenti delle difficoltà nel raggiungere obiettivi ottimali o quando si ha particolare instabilità dei valori ormonali – sottolinea Franco Grimaldi, Presidente dell’AACE Italian Chapter – la raccomandazione è di non procedere solo alla modifica ripetuta del dosaggio giornaliero ma di considerare anche il trattamento con una differente formulazione, come la formulazione liquida o le capsule molli, che sono in grado di accrescere la non facile aderenza alla terapia. Queste formulazioni devono essere considerate anche nei soggetti a rischio di alterato assorbimento della compressa per condizioni di malassorbimento gastrointestinale, quali la celiachia, l’assunzione di farmaci interferenti di uso comune e nelle non poche persone che non riescono a rispettare i tempi di attesa prima della colazione. Infatti, la formulazione liquida, ad esempio, ha dimostrato scientificamente di poter essere assunta in prossimità del primo pasto della giornata, contrariamente alle compresse che devono essere assunte da 30 a 60 minuti prima. Ricordiamo, inoltre, che le nuove formulazioni possono essere anche assunte dagli intolleranti al lattosio, al contrario delle compresse che contengono questo zucchero, conclude l’esperto”.
“Nella pratica clinica, – conclude Enrico Papini – ci troviamo a trattare pazienti che, pur avendo raggiunto valori ormonali normali di TSH, continuano a presentare sintomi di ipotiroidismo. In questi casi, soprattutto per le persone che hanno subito l’asportazione della ghiandola, viene preso in considerazione l’utilizzo di una terapia sostitutiva con la combinazione dei due ormoni tiroidei, per supplire alla mancanza endogena di T3. È ovviamente necessario escludere, prima di iniziare la terapia combinata, che la condizione di malessere sia riconducibile a problematiche psicologiche o ad altre patologie non conosciute. Questa opzione riguarda una minoranza dei pazienti e non dovrebbe essere intrapresa come modalità iniziale di trattamento, tuttavia l’associazione T3-T4 può migliorare lo stato di benessere in un numero non trascurabile di persone ipotiroidee. Deve essere sottolineata la necessità di evitare l’utilizzo indiscriminato della T3, escludendo in particolare i pazienti fragili o con problemi cardiovascolari e, tassativamente, le donne in gravidanza o che si preparino al concepimento”.
Le linee guida indicano, dopo ogni modifica terapeutica, di eseguire il controllo del TSH ematico dopo 4 settimane (se non vi sono motivi specifici per ripeterlo più frequentemente). Utile, il giorno degli esami del sangue, assumere la levotiroxina dopo il prelievo e non prima.