Epatite C: modello Sicilia, una Rete in favore dei pazienti per favorire diagnosi e terapie
Sono già 18mila i registrati e oltre 13mila i trattati inseriti nella Rete regionale per la gestione dell’epatite C (HCV) in Sicilia.
La Rete è attiva dal 2013 (aggiornata nel 2015) ed ha tre finalità: garantire uniformità su tutto il territorio regionale dell’appropriatezza diagnostica e terapeutica in base ai criteri indicati dall’AIFA; garantire al paziente un accesso più agevole all’assistenza sanitaria; garantire una attenta gestione delle risorse.
Questo sistema è strutturato su una piattaforma “web based” che permette di gestire tutti i pazienti affetti da epatite C residenti in Sicilia e di organizzare la definizione diagnostica, la prescrizione e la erogazione dei DAA. Inoltre il sistema permette di conoscere le attività dei centri ed i flussi dei pazienti al fine di apportare eventuali correttivi di tipo strutturale ed organizzativo. All’interno della piattaforma sono inseriti i dati anagrafici, clinici, virologici strumentali per definire l’appropriatezza prescrittiva, i criteri di priorità per il trattamento (sino al marzo 2017 quando con determina AIFA di fatto la terapia è stata estesa senza limitazioni a tutti i pazienti con epatite HCV correlata), i farmaci indicati dai centri prescrittori, l’esito della terapia, ed il follow up post terapia. La rete è strutturata secondo un sistema HUB and SPOKE: i centri HUB sono abilitati per la prescrizione ed erogazione dei farmaci antivirali; i centri SPOKE identificano i pazienti eleggibili alla terapia antivirale e li riferiscono ai centri autorizzati alla prescrizione.
“La Rete HCV Sicilia si è dimostrata sensibile e attenta al nuovo contesto clinico ed epidemiologico e ha ampliato le proprie funzionalità e potenzialità – evidenzia Francesco Benanti – Azienda Ospedaliera Garibaldi – Catania – Malattie Infettive. – I pazienti possono essere inseriti direttamente dai medici di Medicina Generale tramite un’area a loro riservata e di conseguenza possono accedere al circuito diagnostico e terapeutico in maniera rapida e semplice. La Rete richiede un impegno costante per l’inserimento regolare di tutti i dati, ma al tempo stesso offre a ciascun centro un servizio efficiente, permettendo di individuare automaticamente in un database dettagliato i dati di tutti i pazienti inseriti”.
Fino al 10 giugno 2019 sono stati registrati nelle Rete HCV Sicilia 17.731 pazienti, di cui 13.727 trattati.
“Per quanto riguarda la provincia di Catania dove si trova ad operare il mio centro, sono presenti 7 centri HUB e 2 centri SPOKE – aggiunge il Benanti. – Nella provincia sono stati inseriti in rete 3567, trattati 2633 (dati aggiornati a fine 2018). Per quanto riguarda il centro Istituto di Malattie Infettive dell’Università di Catania presso ARNAS Garibaldi –Nesima (centro N.677 della rete), abbiamo dato un contributo inserendo 799 pazienti di cui 606 pazienti avviati alla terapia (dati aggiornati al 10/06/2019). Quindi ci sono 193 pazienti inseriti in rete ma non avviati al trattamento. Il lavoro che caratterizzerà l’attività di tutti i centri è andare a ricercare all’interno della propria coorte questi pazienti e le motivazioni per cui ancora non sono stati avviati alla terapia”.
Di questo si è parlato a “HCV: Be Fast, Be Different” il secondo dei quattro incontri rivolti agli specialisti per coordinare l’attività e individuare i pazienti che non sanno o non si sono ancora sottoposti alla terapia gratuita, non tossica e della durata di poche settimane per eliminare la minaccia incombente dell’Epatite C e tornare a vivere.
EPATITE C IN ITALIA: RESTA ANCORA MOLTO DA FARE
Ad oggi nel mondo ci sono circa 71 milioni di persone affette dal virus dell’epatite C. L’Italia è uno dei Paesi europei maggiormente esposto a questo virus. Oggi, grazie alle nuove terapie antivirali IFN-free (DAA), è possibile raggiungere la clearance virale e dunque la guarigione in oltre il 95% dei casi trattati. Ad oggi i trattamenti antivirali avviati sono circa 180 mila a fronte dei 240 mila previsti per il triennio 2017-2019. Il risultato di sicuro rilievo non deve far passare in secondo piano il lavoro che resta fare: ci sono infatti ancora molti pazienti da trattare, talvolta anche ignari di aver contratto la malattia. Si stima che attualmente oltre 200mila italiani siano rimasti da trattare e che molti di questi possano rischiare una degenerazione sino alla cirrosi epatica o al tumore del fegato, due delle principali complicazioni dell’epatite C, con un costo sociale di centinaia di milioni di euro l’anno legato alla gestione di queste condizioni cliniche.
IL SOMMERSO
Il sommerso è ancora molto rilevante e per essere individuato richiede una stretta interazione tra le strutture mediche territoriali, i medici di medicina generale e i centri prescrittori, oltre che una semplificazione delle procedure necessarie per poter avviare un trattamento, ad oggi farraginose.
Nell’ambito della ricerca del sommerso, particolare rilievo riveste il trattamento delle cosiddette popolazioni speciali, che rappresentano il target più difficile da raggiungere e in alcuni casi ancora un challenge terapeutico: si tratta di migranti, detenuti, sex worker, tossicodipendenti.