Fibro-miomi uterini, i 10 capisaldi per affrontarli
Roma – Dieci capisaldi, per affrontare in maniera sistematica quella che ormai è “una malattia sociale”: i fibro-miomi uterini.
Questa è la proposta che è emersa da una tavola rotonda organizzata con il patrocinio del Consiglio Regionale del Lazio e da Arbor Vitae, Centro di Endoscopia Ginecologica che mira ad attuare un modello virtuoso da applicare, intanto, nel Lazio.
“Continueremo ad essere al fianco della donna – ha dichiarato Rodolfo Lena, presidente della Commissione Politiche Sociali e Salute del Consiglio Regionale del Lazio- realizzando un progetto pilota che preveda la presa in carico del paziente nell’individuazione del percorso diagnostico e clinico più efficace”.
Per Ivan Mazzon, presidente di Arbor Vitae, “sarà importante fermare il dilagare di isterectomie improprie e interventi chirurgici inutili e che la Regione Lazio dia il via ad un tavolo tecnico che individui centri di eccellenza/best practice e terapie innovative ma non demolitive per la tutela dell’integrità della donna, con l’adozione delle Linee Guida/Raccomandazioni sulla diagnosi e trattamento delle Fibromiomatosi”.
Si tratta di una pubblicazione di circa 70 pagine messa a punto di recente dall’Aogoi (Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani), SIGO (Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia), AGUI (Associazione Ginecologi Universitari Italiani), con il coordinamento della Fondazione C. Ragonese.
I dati più recenti sui fibro-miomi uterini indicano un fenomeno che coinvolge più di 3 milioni di donne in Italia, una donna su quattro colpita in età fertile. Preoccupanti sono i dati sulle isterectomie inutili: secondo il Piano Nazionale Esiti 2016 (PNE), delle 70.000 procedure di isterectomia effettuate in Italia ogni anno, ben il 75% sono state fatte per malattie benigne e neanche il 18% per un cancro. Considerando il costo di una miomectomia per ogni paziente, che si aggira intorno ai 3.700 euro (senza considerare il costo sociale del ricovero post intervento e l’assenza dal lavoro), il risparmio annuo per il sistema sanitario nazionale sarebbe di circa 194 milioni di euro, a cui ovviamente sarebbe da detrarre il costo della terapia alternativa.
In questo scenario occorre considerare “le mutate esigenze delle donne di oggi e il desiderio di maternità che si è spostato tra i 35 e i 40 anni e la maggiore attenzione all’integrità della loro femminilità prima e dopo la menopausa”, ha sottolineato Annamaria Mancuso, presidente di Salute Donna Onlus.
I DIECI CAPISALDI DI UN MODELLO VIRTUOSO DA ATTUARE COME BEST PRACTICE
- Indagine epidemiologica sul fenomeno
- Apertura di un tavolo tecnico sul tema dei fibromi
- No ad isterectomie improprie e ad interventi chirurgici inutili. Sì ad intervenire solo su casi sintomatici
- Condivisione, adesione e diffusione delle linee guida sul trattamento dei fibro-miomi uterini realizzate da AOGOI, AGUI e SIGO, con il coordinamento, nel Lazio, della Fondazione C. Ragonese
- La scelta finale sulla terapia da adottare spetta al medico
- Preferenza a tecniche innovative che tutelano l’integrità dell’utero e della donna
- Ridurre le isterectomie inutili e gli sprechi per la sanità
- Avvio di una Campagna di informazione
- Istituzione di una giornata di prevenzione sui fibro-miomi uterini
- Ideazione di un sito web dedicato al tema con percorsi guidati diagnostico-terapeutici