Fine vita. La libertà di scegliere
L’argomento è oltremodo delicato ed assolutamente opinabile. Parliamo di eutanasia. A portarlo alla ribalta, in questi giorni, il primo caso su un minore. È accaduto in Belgio, il primo e unico Paese al mondo ad avere approvato nel 2014 una legge che consente l’eutanasia nei minori di 18 anni.
Tra le tante reazioni che la notizia ha suscitato anche in Italia si registra quella del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della CEI: “La vita è sacra e – ha commentato – deve essere accolta sempre, anche quando questo richiede un grande impegno”.
Secondo Marco Cappato presidente dei Radicali Italiani e promotore della campagna Eutanasia legale invece “Si fa finta di non sapere che l’eutanasia clandestina è una realtà praticata anche sui minori, rispetto alla quale il Belgio è stato il primo Paese al mondo ad avere il coraggio di porre regole a garanzia dei malati, delle loro famiglie e dei medici. Purtroppo, il caso del Belgio sarà certamente usato come spauracchio per evitare una assunzione di responsabilità della politica italiana e continuare a girare la testa dall’altra parte”.
L’interrogativo che ci si pone è “come ci si deve comportare quando si è davanti ad un esito certamente infausto? Affidarsi alle cure palliative che oggi offrono armi formidabili per togliere le sofferenze o scegliere, in piena libertà, il diritto ad una morte dignitosa?
Chi lavora nei reparti di medicina intensiva testa, ogni giorno, la fragilità di situazioni che ti pongono difronte a continue domande in equilibrio fra etica e morale, fra sogni e realtà. “Nei nostri reparti – afferma Massimo M., medico rianimatore – avvengono quotidianamente dei veri e propri miracoli. La scienza medica ha fatto passi da gigante ma non siamo in grado di salvare la vita di tutte le persone perché la realtà della medicina è governata dai limiti”.
Nel 2012 uno studio condotto su 5 mila medici ha fatto emergere che il 23% di loro ha ricevuto richieste di somministrazione di farmaci letali – ovvero di eutanasia attiva– da parte dei pazienti o dei familiari nel corso della propria carriera. Il 2% ha dichiarato di aver accettato.
Da tre anni è stata presentata alla Camera dall’Associazione Luca Coscioni con il contributo del radicale Marco Cappato la proposta di legge d’iniziativa popolare Rifiuto di trattamenti sanitari e liceità dell’eutanasia. “Una legge di iniziativa popolare, – sottolinea Cappato – sostenuta dalle firme cartacee di 67.000 cittadini e dal sostegno online di oltre 300.000 persone. Sul testamento biologico la discussione è avviata in Commissione Affari Sociali, ma l’eutanasia è stata subito bloccata in Commissione congiunta Giustizia e Affari Sociali”.
Come ha affermato il segretario dell’Associazione Luca Coscioni, l’avvocato Filomena Gallo: “Nessuno mai sarà obbligato a chiedere l’eutanasia. Come non si è obbligati a divorziare o ad interrompere la gravidanza. Ma non si può impedire ad altri di scegliere”.
La proposta di legge d’iniziativa popolare Rifiuto di trattamenti sanitari e liceità dell’eutanasia
Iniziativa annunciata nella Gazzetta Ufficiale del 22 dicembre 2012 n. 298
I sottoscritti cittadini italiani promuovono la seguente legge di iniziativa popolare ai sensi dell’art. 71 comma 2 della Costituzione e della legge 25 maggio 1970, n.352 e successive modificazioni.
Articolo 1
Ogni cittadino può rifiutare l’inizio o la prosecuzione di trattamenti sanitari, nonché ogni tipo di trattamento di sostegno vitale e/o terapia nutrizionale. Il personale medico e sanitario è tenuto a rispettare la volontà del paziente ove essa:
1) provenga da soggetto maggiorenne;
2) provenga da un soggetto che non si trova in condizioni, anche temporanee, di incapacità di intendere e di volere, salvo quanto previsto dal successivo articolo 3;
3) sia manifestata inequivocabilmente dall’interessato o, in caso di incapacità sopravvenuta, anche temporanea dello stesso, da persona precedentemente nominata, con atto scritto con firma autenticata dall’ufficiale di anagrafe del comune di residenza o domicilio, “fiduciario per la manifestazione delle volontà di cura”.
Articolo 2
Il personale medico e sanitario che non rispetti la volontà manifestata dai soggetti e nei modi indicati nell’articolo precedente è tenuto, in aggiunta ad ogni altra conseguenza penale o civile ravvisabile nei fatti, al risarcimento del danno, morale e materiale, provocato dal suo comportamento.
Articolo 3
Le disposizioni degli articoli 575, 579, 580 e 593 del codice penale non si applicano al medico ed al personale sanitario che abbiano praticato trattamenti eutanasici, provocando la morte del paziente, qualora ricorrano le seguenti condizioni:
1) la richiesta provenga dal paziente, sia attuale e sia inequivocabilmente accertata;
2) il paziente sia maggiorenne;
3) il paziente non si trovi in stato, neppure temporaneo, di incapacità di intendere e di volere, salvo quanto previsto dal successivo articolo 4;
4) i parenti entro il secondo grado e il coniuge con il consenso del paziente siano stati informati della richiesta e, con il consenso del paziente, abbiano avuto modo di colloquiare con lo stesso;
5) la richiesta sia motivata dal fatto che il paziente è affetto da una malattia produttiva di gravi sofferenze, inguaribile o con prognosi infausta inferiore a diciotto mesi;
6) il paziente sia stato congruamente ed adeguatamente informato delle sue condizioni e di tutte le possibili alternative terapeutiche e prevedibili sviluppi clinici ed abbia discusso di ciò con il medico;
7) il trattamento eutanasico rispetti la dignità del paziente e non provochi allo stesso sofferenze fisiche. Il rispetto delle condizioni predette deve essere attestato dal medico per iscritto e confermato dal responsabile della struttura sanitaria ove sarà praticato il trattamento eutanasico.
Articolo 4
Ogni persona può stilare un atto scritto, con firma autenticata dall’ufficiale di anagrafe del comune di residenza o domicilio, con il quale chiede l’applicazione dell’eutanasia per il caso in cui egli successivamente venga a trovarsi nelle condizioni previste dall’art. 3, comma 5 e sia incapace di intendere e volere o manifestare la propria volontà, nominando contemporaneamente, nel modo indicato dall’art. 1, un fiduciario, perché confermi la richiesta, ricorrendone le condizioni.
La richiesta di applicazione dell’eutanasia deve essere chiara ed inequivoca e non può essere soggetta a condizioni. Essa deve essere accompagnata, a pena di inammissibilità, da un’autodichiarazione, con la quale il richiedente attesti di essersi adeguatamente documentato in ordine ai profili sanitari, etici ed umani ad essa relativi.
Altrettanto chiara ed inequivoca, nonché espressa per iscritto, deve essere la conferma del fiduciario.
Ove tali condizioni, unitamente al disposto di cui al precedente art. 3, comma 7 siano rispettate, non si applicano al medico ed al personale sanitario che abbiano attuato tecniche di eutanasia, provocando la morte del paziente, le disposizioni degli articoli 575, 579, 580 e 593.
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