L’ictus: prendere tempo = perdere il cervello

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L’ictus cerebrale rappresenta un rilevante problema di salute pubblica, è la prima causa di disabilità, la seconda causa di demenza e la terza causa di morte nel mondo industrializzato. In Italia vi sono circa 200.000 nuovi ictus ogni anno e circa 1.000.000 di persone vivono nel nostro Paese con esiti invalidanti della malattia.
L’ictus ischemico in fase acuta rappresenta un’emergenza neurologica tempo-dipendente.
Elio Agostoni Niguarda MilanoLa gestione dell’ictus acuto – spiega Elio Agostoni, direttore della Struttura Complessa Neurologia e Stroke Unit del Dipartimento di Neuroscienze dell’Ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano – richiede una complessa articolazione di programmi e di azioni puntuali capaci di assicurare l’efficienza del processo e l’efficacia della cura. La cabina di regia per la gestione del paziente con ictus acuto è la Stroke Unit che ha prodotto forti evidenze scientifiche a supporto del miglioramento dell’esito clinico sia in termini di mortalità che di disabilità residua.

Oggi la miglior terapia per l’ictus ischemico in fase acuta è la trombolisi sistemica che consiste nella somministrazione di un farmaco capace di disostruire l’arteria cerebrale occlusa. Un drastico cambiamento nel trattamento della fase acuta dell’ictus è avvenuto recentemente, quando l’utilizzo di device meccanici per via endovascolare ha prodotto un marcato miglioramento nell’outcome clinico dei pazienti.

Nei primi mesi del 2015, infatti, sono stati pubblicati i risultati di una serie di trial che hanno in comune alcune caratteristiche:
1. l’approccio terapeutico combinato sistemico ed endovascolare;
2. l’utilizzo di sistemi meccanici di trombectomia;
3. un’attenta e rigorosa selezione dei pazienti basata sull’integrazione delle indagini radiologiche volte alla identificazione della sede dell’occlusione;
4. un limite temporale ben definito entro cui somministrare rtPA endovena ed effettuare la procedura endovascolare di trombectomia meccanica.

Dai risultati dei suddetti trial emergono le indicazioni e le raccomandazioni aggiornate in termini di trattamento della fase acuta dello stroke ischemico: nei pazienti con ictus ischemico nei territori del circolo anteriore e documentata occlusione di un grosso vaso è raccomandato l’uso della trombectomia meccanica intrarteriosa preceduta da un trattamento standard con somministrazione endovena di rtPA.

In particolare, appaiono dirimenti i seguenti criteri per questa procedura:
1. le neuroimmagini di base devono escludere una emorragia ed identificare al massimo una piccola lesione ischemica;
2. esami radiologici con mezzo di contrasto devono dimostrare l’occlusione prossimale di un grosso vaso del circolo anteriore;
3. la procedura terapeutica deve essere eseguita in centri con comprovata esperienza;
4. la trombectomia meccanica dovrebbe essere eseguita il più precocemente possibile e potenzialmente entro le 6 ore dall’esordio dei sintomi.

Queste opportunità terapeutiche, rappresentate dalla trombolisi farmacologica sistemica e dalla trombectomia meccanica, consentono di ridurre sensibilmente la mortalità e la disabilità. La nuova frontiera per la cura dell’ictus ischemico in fase acuta è la combinazione di trombolisi sistemica e trombectomia meccanica.

L’efficacia della terapia dipende dal tempo e qualifica l’ictus come un’emergenza tempo-dipendente. Nella comunità scientifica è diffuso, nell’ambito delle emergenze tempo dipendenti, il concetto di ritardo evitabile inteso come momento organizzativo alla base dell’esito clinico. Il recupero del ritardo evitabile si fonda sull’efficienza organizzativa del percorso clinico del paziente con ictus acuto. In questo scenario, la differenziazione dei percorsi clinici del paziente con ictus acuto in relazione alle caratteristiche strutturali, professionali, tecnologiche ed organizzative dei centri ospedalieri facilita le scelte del clinico e sottolinea l’importanza delle relazioni operative tra centri nella logica di rete.

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