Le mie diete? Un fallimento
Perché nonostante i sacrifici molte diete falliscono? Siamo davvero condannati al sovrappeso e all’immobilità? Come cambiare i nostri stili di vita nocivi? Le abitudini che sappiamo non ci fanno bene? Come si vince la pigrizia? E le dipendenze?
“Cambiare lo stile di vita delle persone è una delle sfide più grandi e meno riuscite della medicina”, spiega il prof. Giacomo Mangiaracina, docente di salute pubblica alla Sapienza e presidente dell’Agenzia Nazionale per la Prevenzione. “La gente mangia troppo e male, si muove poco, spesso fuma, beve troppo, si ammala e continua a vivere in maniera disordinata diminuendo la qualità e la durata della vita. Si calcola che circa 6 milioni di persone ogni anno, nel mondo, perdono la vita per inattività fisica, sovrappeso e obesità”.
La questione è complessa. Una serie di meccanismi cerebrali, credenze, culture e bias ruotano attorno ad un solo concetto: la motivazione. È ciò che induce un individuo a compiere o tendere verso una determinata azione. Questo rende ragione del fatto che il 90% di chi affronta una dieta riprende il peso originario e il 20-30% lo vede addirittura aumentare. C’è qualcosa che non va quindi.
Da un punto di vista psicologico può essere definita come l’insieme dei fattori dinamici aventi una data origine che spingono il comportamento di un individuo verso una data meta. Secondo questa concezione, ogni atto che viene compiuto senza motivazioni rischia di fallire. Eppure avere un motivo per fare qualcosa, un obiettivo a cui tendere, non basta al suo raggiungimento.
Ci sono obiettivi per i quali si lotta duramente fino a che non si siano raggiunti e altri che invece si rincorrono per un pò e poi si lasciano perdere. La differenza è nelle emozioni che vi associamo.
Le emozioni svolgono un ruolo fondamentale: alcune persone mangiano per motivi completamente diversi dal nutrimento e canalizzano sul cibo le proprie emozioni negative come ansia, tristezza e rabbia. Tutte vengono interpretate come ‘fame’. Ma anche chi mangia di fretta e in maniera distratta rischia di perdere la bussola di una salutare alimentazione e avere un comportamento disfunzionale che favorisce l’aumento di peso e ne impedisce la perdita.
La motivazione svolge due funzioni: attivare e orientare comportamenti specifici. Nel primo caso si fa riferimento alla componente energetica di attivazione della motivazione. Nel secondo caso si fa riferimento alla componente direzionale di orientamento.
Centinaia di pagine e teorie sono state scritte sull’argomento ma passare dalla teoria, sia essa biologica, freudiana o ispirata alla piramide dei bisogni di Maslow, è cosa ardua. Ecco allora che a Roma nasce la prima Accademia di Motivazione, una vera e propria scuola per insegnare a indirizzare i propri bisogni senza subire abitudini e pulsioni.
L’idea di ‘dieta’ rimanda a pensieri che rimandano a controllo, limitazione e rinuncia. Dal punto di vista ‘cognitivo’ si tratta di concetti in negativo che non invogliano. Dentro le parole c’è una idea di rigidità e severità, di punizione. Mangiare invece non solo è un bisogno primario ma anche un elemento di gratificazione che deve essere mantenuto anche in un regime controllato per poter funzionare. L’eccessiva rigidità spinge il cervello alla fuga e alla trasgressione, una exit strategy per una tensione eccessiva e una concentrazione che è impossibile mantenere troppo a lungo. Ecco una parte dei motivi del fallimento: bisogna ricordare infatti che la mente è più efficace se lavora per obiettivi a breve come una gratificazione immediata, più che rimanere salda in vista di obiettivi a lungo termine.
La scuola è frutto di un lavoro che ha avuto due anni di incubazione e sperimentazione nella pratica clinica di specialisti e ricercatori nutrizionisti dell’Agenzia Nazionale per la Prevenzione e alla consulenza dell’agenzia di comunicazione Mason&Partners.
I corsi dell’Accademia utilizzano strategie di counselling e lavoro collettivo per periodi di 5 settimane, con esercitazioni, perché si impara di più e meglio facendo e scambiandosi esperienze dirette, perché cambiare sia una magnifica risorsa, non un rischio.