Linfomi, un’associazione di farmaci biologici per colpire la cellula neoplastica

Piccole dosi

Per tre giorni Palermo è stata teatro d’incontro di esperti internazionali e mondiali di diagnostica e di ricerca di base e clinica delle malattie linfoproliferative. L’occasione è stata la sesta conferenza internazionale dedicata alle innovative terapie per la cura dei linfomi “Innovative Therapies fo Lymphoid Malignancies”.

caterina-patti-oncoematologa“Possiamo tracciare – dice l’oncoematologa Caterina Patti dell’U.O Ematologia con trapianto di midollo osseo dell’Azienda Ospedali Riuniti Villa Sofia-Cervello di Palermo che, insieme a Corrado Tarella, ha coordinato l’iniziativa – un bilancio estremamente positivo sia per la qualità degli interventi che sono stati veramente di altissimo livello in termini di presentazione di dati nuovi. Ogni relazione è stata di altissimo livello, ha prodotto un interesse da parte del pubblico notevole”.

Quali novità sono emerse?

“Nuove idee di studio che devono essere vagliate e valutate. Da questa conferenza abbiamo imparato, inoltre, che ai farmaci biologici che sono già disponibili per alcune patologie c’è la speranza di poter associare più di questi farmaci insieme tra di loro, per colpire la cellula neoplastica. Quindi si tende sempre più a sostituire la chemioterapia utilizzando al suo posto quest’associazione che, ovviamente, agisce in punti diversi della trasformazione neoplastica e quindi serve per bloccare la trasformazione in varie fasi.

Le informazioni che abbiamo ricevuto, durante questi tre giorni, sono veramente molteplici. Un’esplosione di idee che devono essere valutate – ovviamente – su studi sull’uomo. Finora sono ricerche fatte in laboratorio, sperimentate sugli animali che devono essere traslate e tradotte nella sperimentazione clinica. Però all’orizzonte ci sono nuove prospettive terapeutiche, la possibilità quindi di incrementare le percentuali di risposte in pazienti con malattie resistenti alle terapie convenzionali e che ci aumentano la speranza di poter curare sempre un maggior numero di persone”.

Nell’ambito ematologico, comunque, fate già numeri da record.

Esattamente, le percentuali di pazienti con malattie neoplastiche ematologiche che noi guariamo sono di gran lunga superiori a quelle oncologiche”.

Grazie alla ricerca?

“Certo. I ricercatori di base stanno studiando, nei minimi dettagli, il Dna della cellula cancerosa e vanno identificando sempre più molecole target e tutto ciò che avviene di danno in questa cellula che consente la trasformazione neoplastica. Non è che il danno sta nel Dna del paziente quando nasce, il danno si forma nella cellula neoplastica in seguito a degli stimoli tossici che possono essere il virus, il benzene o, ad esempio, un batterio che provoca delle trasformazioni in vari livelli del Dna, delle proteine, cioè in vari punti target della cellula tanto da provocare questa trasformazione neoplastica. Quindi se noi individuiamo quelli che sono i meccanismi che provocano quest’alterazione possiamo andare a creare delle molecole target e terapie sempre più mirate che vanno a bloccare sostanzialmente questi meccanismi patogenetici. Prima, invece, utilizzavamo esclusivamente la chemioterapia che colpisce, in maniera indistinta, tutte le cellule che sono in attiva duplicazione. Adesso andiamo a colpire specificatamente quelle che sono le molecole target, quelle che provocano il danno alla cellula neoplastica”.

Questi farmaci biologici sono meno tossici della chemioterapia tradizionale?

“Certo. Anche se ma non sono esenti da tossicità. Gli effetti collaterali ci sono anche, tanto è vero che non è da tutti poter maneggiare questi trattamenti. La maggior parte di queste molecole target non vengono somministrate per via endovenosa, sono delle pillole che il paziente può prendere tranquillamente a casa propria dunque senza venire in ospedale per fare la chemioterapia. Però sono pazienti che vanno comunque controllati per monitorare eventuali effetti collaterali che possono anche diventare importanti”.

Quali danni possono provocare?

“Quelli della chemioterapia li conosciamo esattamente perché li abbiamo studiati e sappiamo che provocano secondi tumori, danni al cuore, ai polmoni, però, di questi farmaci nuovi conosciamo soltanto i danni a breve termine, cioè quelli acuti. Per quanto riguarda quelli cronici noi non lo sappiamo che cosa ci aspetta nel futuro, perché li stiamo sperimentando ora. Per poter sapere i danni a lungo termine dobbiamo seguire questi pazienti per parecchi anni”.

In Sicilia vengono già utilizzati questi farmaci?

“Il nostro è un Centro Regionale di Riferimento per la prevenzione diagnosi e cura delle leucemie e dei linfomi, per il trapianto di midollo osseo e abbiamo in atto a disposizione tutte le molecole target che sono in fase di sperimentazione clinica. I nostri pazienti già hanno a disposizione gran parte di queste molecole che noi associamo prevalentemente alla chemioterapia, anche se ci sono delle forme di linfomi o di leucemie che vengono trattate soltanto con il farmaco biologico.
Quindi noi stiamo facendo queste sperimentazioni. Il SSN ha già dato la disponibilità di utilizzare parte di queste molecole target.

Stiamo assistendo ad un cambiamento veramente epocale nel trattamento dei nostri pazienti. L’incremento dei tumori è esponenziale ma per fortuna la probabilità di guarigione sta aumentando sempre di più e questo grazie ai nuovi farmaci e alle nuove terapie che sono sempre meno tossiche e più specifiche rivolte verso la cellula tumorale. E noi abbiamo la possibilità “sperimentarla sul campo”; dalla sperimentazione clinica all’utilizzo di questi farmaci sui nostri pazienti. All’ospedale Cervello abbiamo la possibilità di utilizzare, già da adesso, dei farmaci che ancora non sono forniti dal SSN proprio perché partecipiamo alla sperimentazione clinica”.

Non esiste prevenzione per questo tipo di tumori?

“Bisogna solo affidarsi alla diagnosi precoce. È fondamentale che la malattia venga diagnosticata precocemente, prima che si presenti in uno stadio avanzato”.

Quali sono i sintomi che dovrebbero allarmare?

“La presenza di linfonodi al collo, all’inguine, all’ascella. Febbre serotina che dura per più di un mese, sudorazione notturna, un dimagrimento più del 10 per cento del peso corporeo. L’associazione di questi disturbi può costituire un campanello d’allarme”.

Arianna Zito

 

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