Melanoma del cuoio capelluto, un killer invisibile
Una macchietta nera o blu scuro o più spesso di colore rosso o rosa. È il killer invisibile. Così viene definito dagli esperti il melanoma del cuoio capelluto. Nonostante testa e collo rappresentino solo il 9,0% della superficie corporea totale, ospitano tra il 20% e il 30% dei casi di questo tumore della pelle altamente aggressivo. Se nei calvi o in chi ha pochi capelli c’è una chance in più di individuarlo all’esordio, quando è nascosto tra i capelli la prognosi è spesso nefasta.
Il tasso di sopravvivenza a 10 anni è del 60%. È quanto emerge dal Webinar promosso da IMI – Intergruppo Melanoma Italiano dal titolo ‘Il melanoma nascosto tra i capelli” che lancia un appello agli operatori del benessere: fare squadra per la diagnosi precoce.
“Parrucchieri ed estetisti – sottolinea Ignazio Stanganelli, presidente IMI e direttore della Skin Cancer Unit IRCCS Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori e professore associato dell’Università di Parma – possono infatti evidenziare la presenza di eventuali lesioni sospette, suggerendo all’interessato di fare una visita dermatologica”.
“È per questo motivo – afferma Gianni Bassoli, presidente degli acconciatori di CNA, la Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa – che riteniamo sia importante informarli e sensibilizzarli sul tema in modo che possano avere le conoscenze di base utili ad individuare eventuali anomalie e segnalarle tempestivamente al proprio cliente. Come associazione, riteniamo di poter offrire un importante contributo sia nel coinvolgimento di quanti più operatori possibili sia nelle attività di diffusione di informazioni e conoscenze utili a vincere questa difficile ma non impossibile battaglia.”
“Occorre abolire i tabù e parlare apertamente – aggiunge Giovanna Niero, presidente A.I.Ma.Me l’Associazione Italiana Malati di Melanoma e altri tumori della pelle -. No alla paura di segnalare qualche cosa che non va ed avere il coraggio di spingere il cliente a fare un controllo specialistico. Per contro anche chi riceve l’allert deve avere l’umiltà di ascoltare. Meglio fare un controllo in più che uno in meno”. Per Giovanna, un melanoma del cuoio capelluto diagnosticato nel 2008, alla base della prevenzione c’è “la consapevolezza del paziente e la corretta informazione. Purtroppo – aggiunge – sono una delle tante che ha trascurato i segnali per ignoranza”. Si era accorta di un ‘brufoletto’ tra i capelli che non guariva già nel 2006, ma complice il fatto che di melanoma 20 anni fa si parlava poco, che nascosto tra i capelli non si vedeva e che comunque non aveva fastidi, ha fatto passare due anni prima di fare una visita. Oggi, con il senno di poi, non rifarebbe lo stesso errore.
Più comune tra gli anziani che tra i giovani, questa forma colpisce sei volte più frequentemente gli uomini rispetto le donne. L’età media dei pazienti è di 65 anni quasi 10 anni in più rispetto ai pazienti con melanoma localizzato sul tronco o sugli arti. Ciò è probabilmente correlato alla maggiore incidenza di alopecia androgenetica e a un danno ultravioletto cumulativo e intermittente più elevato sul cuoio capelluto.
In generale, in questi pazienti sono frequenti segni di danno solare cronico e precedenti storie di cancro della pelle. “Recenti studi – spiega Stanganelli – hanno individuato due scenari diversi per il suo lo sviluppo. I pazienti anziani con alopecia androgena e fotodanneggiamento tendono a sviluppare melanoma di tipo superficiale che, comparendo su aree visibili, vengono rilevati prima di diventare invasivi e inoltre sono di un sottotipo a crescita lenta. Il secondo scenario riguarda i melanomi che insorgono sul cuoio capelluto ‘peloso’ degli individui più giovani. Nonostante siano rari, data la posizione vengono o diagnosticati in ritardo o sono biologicamente più aggressivi e dunque sono più letali.”
L’esame di routine della testa è raccomandato nella popolazione ad alto rischio – uomini anziani calvi – per garantire la diagnosi precoce del melanoma e dei tumori della pelle non melanoma. In questo contesto il ruolo degli operatori del benessere riveste un ruolo fondamentale. I parrucchieri, essendo frequentati con cadenza regolare, hanno la possibilità di rilevare eventuali lesioni in evoluzione del cuoio capelluto in una fase precoce, anche in pazienti più giovani con copertura dei capelli. “Come CNA Acconciatori – dichiara Bassoli – riteniamo molto importante partecipare ad iniziative come quelle promosse dall’IMI volte a diffondere un approccio consapevole rispetto al tema della prevenzione e della diagnosi precoce che rappresentano il primo e più importante passo nella lotta a malattie aggressive come il melanoma.” Di qui l’appello a creare un percorso di educazione sanitaria rivolto agli operatori del benessere per renderli consapevoli dell’esistenza di forme di melanoma coinvolgenti il cuoio capelluto.
“Alcuni studi internazionali – continua Stanganelli – suggeriscono come questa categoria lavorativa, soprattutto se sensibile al tema della prevenzione oncologica, possa essere coinvolta nel processo di diagnosi precoce e diversi casi di melanoma del cuoio capelluto sono stati diagnosticati dal dermatologo dopo la segnalazione dal parrucchiere al cliente.” Per quanto riguarda il percorso diagnostico, non si discosta da quello per gli altri nevi. Alla visita dermatologica si associa la dermoscopia, per valutare a più forte ingrandimento colori e strutture non visibili ad occhio nudo. Tutte le lesioni sospette devono essere sottoposte a biopsia ed è fondamentale l’analisi dello spessore.
“Nel caso di melanomi sottili, cioè con uno spessore sotto ad 1 millimetro – afferma Mario Mandalà, Professore di Oncologia Medica dell’Università degli Studi di Perugia – si guarisce in circa il 90% dei casi.” Le cose si complicano all’aumentare dello spessore. “In presenza di melanomi più avanzati con interessamento dei linfonodi regionali, cioè delle ghiandole linfatiche vicine al tumore – spiega – il rischio di ripresa della malattia va dal 30 fino al 70%. Oggi però abbiamo terapie molto efficaci da somministrare a scopo preventivo dopo l’asportazione chirurgica della lesione che danno un beneficio importante nell’evitare le recidive”. Molte le novità nella cura presentate in quest’ultimo anno anche per il melanoma metastatico. Tra le nuove ‘armi’ per combattere questa forma, che fino a qualche anno fa aveva una prognosi di appena 6-7 mesi, ci sono l’immunoterapia e, nel caso di pazienti con mutazione del gene BRAF, le terapie a bersaglio molecolare (target therapy). “Farmaci e loro combinazioni – conclude Mandalà – che permettono di ottenere una sopravvivenza a 5 anni del 40% con la terapia target, e del 56% con la combo-immunoterapia a circa 6,5 anni”. Le due terapie hanno una efficacia importante con profilo di tossicità diverso, per cui è importante discutere le due opzioni con il proprio oncologo. Ancora una volta dunque prevenire è meglio che curare.
“Osservate la vostra pelle – conclude Niero – e quella delle persone che amate. La prima protezione avviene così. La diagnosi precoce per questo tumore estremamente aggressivo fa davvero la differenza tra una vita in salute e un incubo che ti cambia l’esistenza.”