Obesità infantile, nei casi più gravi è la chirurgia la soluzione più efficace
In Europa si calcola che un bambino su tre, tra i 6 e i 9 anni, è in sovrappeso oppure francamente obeso.
In tutto il mondo si stima che entro il 2025 i bambini in sovrappeso sotto i 5 anni passeranno dagli attuali 41 milioni a 70 milioni. In Italia su circa 50.000 bambini di età compresa tra gli 8 e i 9 anni, quasi il 10% è obeso (di cui il 2% circa a livelli gravi) e il 21% in sovrappeso. In Occidente, la crescita dell’obesità ha portato a un drammatico aumento delle patologie ad essa legate come la steatosi epatica non alcolica (NAFLD) – comunemente fegato grasso – o la steatoepatite non alcolica (NASH), con danni correlati che possono essere anche molto gravi soprattutto se trasferiti fino all’età adulta (diabete, cirrosi epatica, sindrome metabolica, ipertensione, cardiopatie, retinopatie).
Lo studio
Il primo studio al mondo sugli effetti della chirurgia bariatrica sui minori, effettuato dai medici dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e pubblicato sulla rivista scientifica Journal of Paediatrics ha dimostrato che, a un anno di distanza dall’intervento di gastroresezione, il loro peso corporeo è diminuito quasi del 30% riducendo drasticamente l’eccesso ponderale, la steatoepatite non alcolica (NASH) da cui erano affetti è scomparsa e con essa, nel 90% dei casi, è scomparso anche il fegato grasso (NAFLD).
L’approccio chirurgico in età pediatrica viene preso in considerazione nei casi più gravi.
Le linee guida internazionali prendono in considerazione due gruppi di pazienti pediatrici: quelli con indice di massa corporea (BMI) pari o superiore a 50 (obesità patologica severa o superobesità) e quelli con un indice di massa corporea superiore a 40 (obesità grave di III grado), associata a staetoepatite dimostrata istologicamente (NASH) o ad altre gravi patologie mediche correlate come il diabete, l’ipertensione o le apnee notturne. Gli altri fattori presi in considerazione per ottenere il consenso informato sono la maturità fisica e psicologica del paziente, il desiderio di sottoporsi alla procedura, i precedenti tentativi di perdita di peso, la capacità di rispettare le cure mediche di follow‐up.
Lo studio portato avanti dai medici del Bambino Gesù ha coinvolto 93 bambini gravemente obesi (con indice di massa corporea ≥35kg/m2. Per esempio ragazzi di 1,70 metri di altezza per un peso di 130 kg) di età compresa tra i 13 e i 17 anni, con diagnosi di steatoepatite non alcolica (NASH), che rappresenta un livello più avanzato e più grave di steatosi epatica. Un gruppo di ragazzi (21%) è stato trattato con una resezione gastrica verticale laparoscopica (sleeve gastrectomy): questo intervento consiste nella drastica riduzione del volume dello stomaco che viene trasformato in un tubulo (sleeve significa manica) di circa 100 ml di volume.
Un altro gruppo (21%) è stato trattato con interventi sullo stile di vita (dieta e attività fisica) e con un palloncino intragastrico, che viene fatto ingoiare o viene posizionato endoscopicamente nello stomaco e poi nel fondo dello stomaco per indurre il senso di sazietà e aiutare così il paziente a seguire una dieta più corretta. Sul restante 58% dei ragazzi si è intervenuti solamente agendo sugli stili di vita.
A un anno dall’inizio del trattamento, tutti i bambini sono stati sottoposti a valutazione clinica, psicologica, esami del sangue, biopsia epatica, polisonnografia, controllo ambulatoriale della pressione arteriosa ed esame del fundus oculi. I 20 ragazzi trattati con sleeve gastrectomy hanno fatto registrare una perdita media di peso del 28%, la scomparsa della steatoepatite e, nel 90% dei casi, anche del fegato grasso. Gli altri 20 bambini trattati con palloncino intragastrico e con interventi sullo stile di vita hanno fatto registrare una perdita di peso pari al 10%. Tra loro però, in 6 casi (23,7%) è ricomparsa la steatosi epatica mentre a 7 ragazzi (36,8%) è tornata la fibrosi epatica. Infine nei pazienti trattati solo con interventi mirati sullo stile di vita non si sono registrati miglioramenti significativi né nel calo ponderale (‐0,3%) né per quanto riguarda i danni al fegato. I ragazzi trattati con sleeve gastrectomy hanno anche fatto registrare un netto miglioramento dell’ipertensione, della dislipidemia (valori alterati dei grassi ematici quali colesterolo, trigliceridi, ecc.) e dell’apnea del sonno.
«Un adolescente – spiega il dottor Valerio Nobili responsabile di malattie epato‐metaboliche del Bambino Gesù ‐ che a 12, 13 o 14 anni per un eccesso di peso così grave da compromettere gli organi più importanti come cuore, fegato, pancreas, avrà davanti a se un futuro fatto di medicine e ricoveri ospedalieri. Ovviamente tale approccio terapeutico può essere applicato solo alla grande obesità e non deve mai prescindere da un cambiamento di vita fatto di rigoroso controllo alimentare ed attività fisica. Resta però indiscusso il fatto che ridare a questi ragazzi la gioia di vivere senza medicine e un corpo che li “soddisfi” vuol dire aiutarli ad essere parte attiva e produttiva di una società che altrimenti li emarginerebbe totalmente o li terrebbe ai lati della stessa».
«Da quando è stato costituito presso il nostro Ospedale il team multidisciplinare per il trattamento dell’obesità patologica, i risultati delle cure – sottolinea il dottor Francesco De Peppo, responsabile della chirurgia generale della sede di Palidoro dell’Ospedale ‐ sono molto migliorati nell’ambito della problematica dell’obesità. Gli straordinari sviluppi della tecnologia nell’ambito della chirurgia mininvasiva sono stati preziosi in questo settore, con lo sviluppo di suturatrici “intelligenti” e di materiali di sutura che “sigillano” la linea di resezione. È ormai scientificamente dimostrato che la chirurgia laparoscopica della grande obesità è da considerarsi addirittura più sicura di quella necessaria per curare un’appendicite o i calcoli della colecisti. Il decorso post‐operatorio dopo sleeve gastrectomy è di soli 3‐4 giorni con rapidissimo ritorno alle normali attività. La nostra gioia maggiore è quella di rivedere questi ragazzi durante il follow‐up e avere grande difficoltà nel riconoscerli non solo per i tanti chili persi ma soprattutto per la loro radicale trasformazione emozionale e di comunicazione. Sembra strano ma nessuno di loro si è mai lamentato di non poter più fare le “abbuffate” di prima; ora hanno altro da pensare. Devono pensare alla loro nuova vita».