Psoriasi lieve-moderata, pazienti difficili da curare. Parola di dermatologo

Piccole dosi

I pazienti con psoriasi lieve-moderata più “complessi” rispetto ad altri pazienti con patologie della pelle.
A questa determinazione si è giunti da un’indagine, condotta da Doxapharma con il sostegno di LEO Pharma, che ha dato la parola ai medici per rilevare, appunto, in che modo il cambio di passo delle terapie topiche per la psoriasi degli anni recenti abbia impattato sulla gestione della patologia da parte del dermatologo, ma anche sul rapporto e sulla comunicazione con il paziente: aspetto di grande peso considerando, come detto, la natura cronica e recidivante di questa patologia.

Ansia, depressione e altri aspetti psicologici legati alla patologia, come il vissuto di stigmatizzazione; caratteristiche cliniche come cronicità e presenza di recidive; la scarsa aderenza alle terapie topiche. Secondo i dermatologi sono dunque questi gli aspetti che rendono i pazienti con psoriasi lieve-moderata più “complessi” rispetto ad altri pazienti con patologie della pelle. O almeno ne rendevano particolarmente complessa la gestione fino a poco tempo fa, quando ancora non erano a disposizione dei dermatologi terapie topiche innovative, con efficacia, rapidità d’azione e semplicità d’uso maggiori rispetto al passato.

Otto dermatologi su dieci hanno dichiarato che il paziente con psoriasi lieve-moderata è più difficile da gestire rispetto ad altri pazienti con patologie della pelle; “ansioso”, “preoccupato”, “rassegnato”, “difficile” sono gli aggettivi che nelle parole dei medici meglio descrivono questo paziente, che convive con un carico psicologico rilevante a dispetto della minore estensione e infiltrazione delle lesioni in questa forma di psoriasi rispetto ad altre più gravi.

«Questa tipologia di psoriasi impatta enormemente sul vissuto emotivo e sulla qualità di vita dei pazienti poiché intimamente legata all’esperienza soggettiva di malattia della persona – spiega Antonella Demma, Psicologa-Psicoterapeuta, Docente di Scuola di Psicoterapia AETOS, Venezia – il paziente affetto da psoriasi lieve-moderata ha un profilo psicologico che può essere caratterizzato da ansia relazionale e tratti depressivi, soprattutto se la patologia colpisce aree visibili o sensibili del corpo (come ad esempio le parti intime), unitamente a preoccupazione e pessimismo, legati soprattutto all’assenza di certezze relative al decorso della malattia. Specialmente questi ultimi aspetti, correlati alla percezione di limitato controllo sull’andamento della patologia, sono alla base di un vissuto di frustrazione che può impattare negativamente sulla gestione della malattia».

Una buona comunicazione tra medico e paziente è sicuramente alla base di una corretta gestione della patologia: su questo è d’accordo (voti tra 7 e 10) il 97% dei dermatologi, con un valore medio di 9,1. Quello che è stato individuato come uno dei problemi principali del rapporto medico-paziente con psoriasi è che si tratta di un rapporto “farmaco-mediato”, ovvero influenzato dal tipo di terapia. Paradossalmente, secondo i dermatologi, a volte sono più difficili da gestire i pazienti con forme lievi-moderate, trattate con terapie topiche che presuppongono un ruolo più ‘attivo’ e consapevole del paziente, rispetto a quelli con forme moderate-gravi trattate con farmaci biologici che agevolano una maggior aderenza terapeutica. L’aderenza alle terapie topiche è dunque il principale ostacolo sulla strada che porta al successo terapeutico.

«Indubbiamente la scarsa aderenza alle terapie, soprattutto a quelle topiche, rappresenta un grande limite per la possibilità di raggiungere i migliori outcome terapeutici e quindi un migliore controllo della patologia – dichiara Gabriella Fabbrocini, Direttore di Dermatologia e Venereologia, Università degli Studi Federico II di Napoli – per tale motivo è fondamentale ascoltare il paziente sin dall’inizio, conoscere le sue abitudini lavorative e ricreative, cercando di dare attenzione non solo alle lesioni cutanee, ma anche al suo vissuto emotivo e ai suoi bisogni insoddisfatti. Grande importanza deve essere fornita inoltre all’educazione dello stesso, in maniera tale che prenda coscienza della sua patologia e delle sue caratteristiche, potendo mettere in atto tutta quella serie di comportamenti e stili di vita che possano aiutare a contenere e a gestire la patologia nel lungo termine».

Il cambio di passo nelle terapie topiche avvenuto recentemente, in particolare con l’introduzione di un nuovo prodotto in schiuma spray a base di calcipotriolo-betametasone, ha contribuito a cambiare radicalmente lo scenario, secondo i medici interpellati da Doxapharma. Il 97% si dichiara infatti soddisfatto per i trattamenti oggi a disposizione e il livello di gradimento è aumentato vertiginosamente negli ultimi due anni, passando da 6,4 (con il 51% di voti da 1 a 6, statisticamente considerati negativi) a 8,5 (con 1% di voti da 1 a 6 e il 44% di voti da 9 a 10). Non è un caso che calcipotriolo-betametasone in schiuma spray rappresenti la terapia di riferimento per 7 dermatologi su 10: i motivi principali alla base di questo incremento nella soddisfazione risulta essere appunto la nuova formulazione in schiuma, unitamente ad una maggiore efficacia in generale.

L’innovazione terapeutica ha sensibilmente migliorato la qualità di vita dei pazienti negli ultimi due anni, secondo i dermatologi – con un voto medio salito da 5,5 a 7,5 – e contribuisce per il 93% degli intervistati a migliorare il rapporto tra medico e paziente.

La nuova formulazione di calcipotriolo e betametasone dipropionato a dose fissa somministrata in schiuma spray è arrivata in Italia un anno fa, grazie all’impegno nella ricerca di LEO Pharma.

«Negli ultimi anni ci siamo focalizzati sulla ricerca di soluzioni topiche innovative, sia dal punto di vista farmacologico che di modalità di applicazione, che potessero rispondere ai bisogni insoddisfatti dei pazienti con psoriasi migliorandone la vita – afferma Paolo Pozzolini, Country Lead di LEO Pharma Italia – la formulazione di calcipotriolo e betametasone in schiuma spray, a un anno dal suo arrivo, riesce a dare una risposta concreta a queste esigenze e l’apprezzamento da parte dei dermatologi che emerge dall’indagine di Doxapharma ne è una prova importante, un riscontro tangibile nella quotidianità della gestione della patologia».

L’indagine è stata condotta da Doxapharma su un campione di 77 dermatologi, tra ospedalieri, ambulatoriali e privati, su tutto il territorio italiano, con una metodologia mista quali-quantitativa. Un campione rappresentativo equamente suddiviso tra uomini (48%) e donne (52%), con un’età media di 48 anni, e una media di 18 anni di anzianità professionale.

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