Quando il cibo diventa un nemico

Cibo e Salute

Nei giorni scorsi la Sige (Società Italiana di Gastroenterologia) ha lanciato l’allarme sull’autodiagnosi dell’intolleranza al glutine, o meglio una ‘sensibilità al glutine non celiaca”. Capita, infatti, di avere dei malesseri legati al cibo e di fare l’errore di escludere senza il controllo del medico uno o più alimenti dalla propria dieta. Creando dei veri e propri disastri poiché – come sottolineato dai gastroenterologi della Sige – molti presunti intolleranti “sono in realtà dei veri celiaci e come tali vanno inquadrati e seguiti da uno specialista”.

Ma come si può capire se il cibo è un nostro nemico? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Daniela Maggio, biologo nutrizionista e specialista in Scienza dell’Alimentazione presso l’A.O. Ospedali Riuniti Villa Sofia-Cervello di Palermo.

Daniela Maggio

Quali sono sintomi spia della presenza di una intolleranza alimentare?

“I sintomi sono estremamente variabili e sono:

  • astenia persistente
  • alitosi
  • meteorismo
  • pirosi gastrica
  • vertigini
  • aerofagia
  • palpitazioni
  • ipersudorazione
  • nausea
  • edemi ricorrenti
  • alternanza di peso
  • crampi arti inferiori
  • prurito
  • afte orali alitosi
  • torpore mentale
  • arsura”.

Esistono dei metodi diagnostici per evidenziare le intolleranze?

 “Ci sono dei metodi non convenzionali – risponde la nutrizionista – e sono le indagini in vivo, ovvero:

  • test muscolare chinesiologico
  • dria test
  • test di provocazione sublinguale
  • test di coca
  • test elettrodiagnostici (vega mora voll).

Ma sono metodi non accreditati dal punto di vista scientifico. Un metodo scientificamente accreditato è il Cytotest (test di leucocitotossicicità) che è un’indagine in vitro.

Si tratta di un test citotossico per la diagnosi delle intolleranze alimentari in cui il siero del paziente viene messo a contatto con allergeni alimentari liofilizzati. Dopo un periodo di incubazione i leucociti sono osservati al microscopio per le modifiche cellulari a contatto della sostanza in esame”.

Per accertare il tipo di intolleranza ci sono delle strategie alimentari da attuare?

“Uno dei metodi più semplici è la dieta a rotazione, che permette di evidenziare le eventuali intolleranze alimentari con buona precisione. Fu ideata da uno dei “padri” dell’ecologia clinica, Albert ROWE, agli inizi degli anni ’30 e consiste nell’assumere cibi specifici diversi ogni 4-5 giorni. Il ciclo si ripete per due o tre volte. Tramite la dieta a rotazione, si intende diluire nel tempo l’eventuale assunzione dell’alimento responsabile di una determinata patologia, o, meglio, eliminarlo attraverso l’astinenza. Va eseguita in modo molto scrupoloso, e necessita della completa collaborazione del paziente, che deve attenersi strettamente allo schema consigliato.

Negli ultimi anni poi, l’incremento delle indagini di biologia molecolare e precisamente la mappatura del Dna ha permesso di fare notevoli progressi nel campo dell’alimentazione e da questi studi è emersa la possibilità di percorrere una strada più precisa per l’individuazione delle intolleranze: la nutrigenetica”.

Cosa è la Nutrigenetica?

“È lo studio di come la variazione genetica nei geni individuali influenza la risposta di un individuo a particolari nutrienti e tossine nella dieta. Ma è importante sottolineare che non è una diagnosi né una prognosi della malattia, ma può aiutarci ad individuare la presenza di un rischio relativo o la probabilità relativa delle malattie complesse come il diabete di tipo 2 e le sindromi cardiovascolari”.

Si può conoscere il proprio metabolismo mediante l’analisi del Dna?

“Sì, possiamo conoscerlo dal punto di vista genetico e si può quindi stabilire un regime dietetico altamente personalizzato da utilizzare a scopo preventivo per tutta la vita. Si può conoscere la predisposizione a:

  • diabete
  • ipertensione
  • ipercolesterolemia
  • celiachia
  • intolleranza genetica al lattosio
  • malattie cardiovascolari
  • Alzheimer
  • depressione

Questi studi sempre più sofisticati ci consentono di individuare con sempre maggiore precisione la presenza di intolleranze alimentari ma non dimenticandoci che ogni individuo nella sua complessità ha una risposta diversa all’assunzione dei cibi. È importante, dunque, stilare un diario alimentare dettagliato da sottoporre allo specialista, in modo che questi possa collegare l’insorgenza dei sintomi all’assunzione di alimenti potenzialmente tossici per la persona”.

Arianna Zito

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