Sclerosi Multipla, al San Raffaele il primo studio clinico per il trattamento con infusione di cellule staminali neurali
Per la prima volta al mondo un paziente affetto da sclerosi multipla cronica in stadio avanzato ha ricevuto una terapia a base di cellule staminali neurali presso l’unità operativa di Neurologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, una delle 18 strutture di eccellenza del Gruppo Ospedaliero San Donato. La terapia (STEMS) è frutto di oltre 10 anni di ricerca svolta dal gruppo del professor Gianvito Martino, Direttore Scientifico dell’Ospedale San Raffaele e capo Unità di ricerca in Neuroimmunologia, mentre l’implementazione del protocollo clinico è stata a cura del Centro Sclerosi Multipla, diretto dal professor Giancarlo Comi, primario e direttore dell’Istituto di Neurologia Sperimentale. L’infusione costituisce l’avvio del primo studio clinico di questo tipo al mondo, un’ulteriore prova della vocazione traslazionale dell’Ospedale San Raffaele: qui infatti sono stati compiuti tutti i passi necessari per arrivare dalle evidenze ottenute in laboratorio fino ai primi pazienti.
La terapia STEMS consiste in un’infusione di cellule staminali neurali, cellule progenitrici in grado di specializzarsi in tutti i tipi di cellule nervose. L’infusione avviene attraverso una puntura lombare che le immette direttamente nel liquido cerebrospinale, attraverso il quale possono raggiungere il cervello e il midollo spinale che sono i luoghi deputati allo svolgimento della loro azione. Le cellule destinate al trapianto sono di origine fetale e sono state preparate grazie alla collaborazione con il Laboratorio di Terapia Cellulare Stefano Verri, sostenuto della Fondazione Matilde Tettamanti e Menotti De Marchi Onlus. Dopo l’infusione i pazienti saranno tenuti sotto osservazione in ambito ospedaliero per un periodo di tempo limitato. Al termine di questo periodo potranno tornare a casa, verranno seguiti a stretto contatto per i primi 2 anni e poi in modo continuativo negli anni successivi.
“È importante ricordare che l’obiettivo dello studio clinico, trattandosi del primo del suo genere, è testare sicurezza e tollerabilità del trattamento, non la sua efficacia. Per questo coinvolge pochi pazienti accuratamente selezionati”, precisa Gianvito Martino. “Non di meno si tratta di un traguardo fondamentale per i pazienti e per le loro famiglie, che hanno sostenuto la ricerca in tutti questi anni con pazienza e speranza. Non saremmo arrivati fin qui senza il loro supporto”. È stato infatti grazie al sostegno in primis dell’Associazione Italiana Sclerosi Multipla (AISM) e della sua Fondazione (FISM) se possiamo dire che le scoperte non si sono fermate al laboratorio, come purtroppo a volte succede, ma hanno trovato la via fino ai primi studi sull’uomo. Negli anni è stato fondamentale anche il contributo della Fondazione Cariplo, di Amici Centro Sclerosi Multipla (ACeSM onlus), associazione non profit al servizio dei pazienti presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele, e di BMW Italia.
“Questo primo trapianto con cellule staminali neurali costituisce un momento di importante sviluppo della terapia della sclerosi multipla, nella quale il San Raffaele è stato costantemente all’avanguardia nel mondo. L’obiettivo principale dello studio è necessariamente la sicurezza della procedura, costituendo però la premessa per una futura sperimentazione che fornisca anche indicazioni di efficacia. Un ringraziamento particolare va a tutta l’équipe clinica che, grazie all’alta competenza, ha reso possibile questo risultato” dichiara il professor Giancarlo Comi.
“La sclerosi multipla, anche grazie ad AISM, negli ultimi 20 anni, ha vissuto una vera rivoluzione terapeutica. AISM con la sua Fondazione ha lavorato e investito in aree di ricerca innovative. Siamo stati pionieri nella ricerca di terapie per la SM basate sulle cellule staminali. Nel 2000 ancora non si investiva nella ricerca in questo campo e noi ci abbiamo fortemente creduto finanziando il percorso di ricerca con le staminali neurali, mesenchimali ed ematopoietiche. Con il passare degli anni la scienza ci ha dato ragione. Oggi siamo a un punto di svolta molto importante per conoscere il potenziale del trattamento con cellule staminali neurali” – dichiara Mario Alberto Battaglia, Presidente della FISM Fondazione Italiana Sclerosi Multipla.
L’origine di una terapia avanzata
Le basi scientifiche per il trial partito oggi sono state gettate in una serie di lavori apparsi tra il 2003 ed il 2006 su prestigiose riviste internazionali – tra cui Nature e Nature Reviews – e firmati dal gruppo del professor Martino. In questi lavori i ricercatori dell’Ospedale San Raffaele hanno dimostrato l’efficacia del trapianto di cellule staminali neurali nei topi affetti da una malattia, in acronimo EAE, che esprime caratteristiche simili alla sclerosi multipla e ne costituisce il miglior modello sperimentale. Come nella sclerosi multipla, infatti, nella EAE si osserva l’attivazione di uno stato infiammatorio nel cervello e nel midollo spinale, il deterioramento della mielina (la guaina che protegge i nervi e permette loro la conduzione del segnale nervoso) e il conseguente danneggiamento dei nervi stessi. Già nello studio del 2003, nei topi trattati con l’infusione di cellule staminali neurali, i ricercatori osservarono una parziale ricostruzione della guaina mielinica e la riduzione dello stato infiammatorio, che portò a un recupero parziale ma significativo, sia clinico che fisiologico, dai sintomi della malattia.
Come studi di laboratorio successivi, condotti negli ultimi dieci anni, hanno evidenziato, le cellule staminali trapiantate negli animali funzionano perché sono in grado di raggiungere le aree di tessuto danneggiate dalla malattia in modo autonomo, richiamate da una scia di sostanze lì prodotte, e agiscono in modo diversificato per assolvere a molteplici funzioni, con un unico obiettivo: rigenerare i tessuti colpiti dalla malattia. “Le cellule staminali sono in grado di agire in senso terapeutico in modi diversi a seconda delle aree in cui vanno a operare e a seconda del tipo di danno che incontrano. Sono cioè capaci di orchestrare un’attività terapeutica sofisticata e su misura, guidata dai segnali biochimici che il tessuto danneggiato invia loro”, spiega Gianvito Martino.
Nel caso dell’EAE, il modello sperimentale di sclerosi multipla, i ricercatori hanno dimostrato che le staminali mettono in campo in particolare due azioni distinte: da un lato rimangono indifferenziate e secernono sostanze neuroprotettive capaci non solo di ridimensionare l’azione di danno operata in questa malattia dal sistema immunitario (che è all’origine della neurodegenerazione) ma anche di proteggere direttamente i tessuti danneggiati; dall’altro sono in grado, seppur in minima parte, di differenziarsi in cellule che producono nuova mielina che va a sostituirsi a quella danneggiata.
credit photo: IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano