Stenosi valvolare aortica, al Gemelli il primo impianto della ‘biovalvola’

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È su una donna di 70 anni affetta da stenosi valvolare aortica che è stato eseguito con successo, presso la Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma, il primo impianto italiano con procedura mininvasiva di una nuova valvola biologica.

L’intervento è stato condotto dal cardiochirurgo Massimo Massetti, direttore dell’Area cardiovascolare del Policlinico A. Gemelli e professore ordinario di Cardiochirurgia all’Università Cattolica. La stenosi valvolare aortica è una patologia isolata, di carattere senile degenerativo, molto comune nei Paesi Occidentali e una delle più frequenti in Italia: la fascia di età a rischio di stenosi valvolare aortica è quella superiore ai 65 anni.

Se non adeguatamente trattata, la malattia è causa di morte nel 50% degli individui a distanza di 3 anni dall’inizio dei sintomi. Provoca calcificazioni estese che costituiscono un ostacolo alla normale fuoriuscita del sangue dal cuore, portando il ventricolo sinistro ad aumentare la propria pressione di spinta. Come conseguenza diretta si ha un’ipertrofia (ingrossamento) del muscolo cardiaco. Se il restringimento della valvola è lieve, si manifesta con un soffio al cuore. Quando la stenosi è severa – cioè in fase avanzata – il soggetto accusa fame d’aria (dispnea), dolore al petto (angina pectoris) e sincope (svenimento improvviso).

Massimo Massetti

«La paziente necessitava della sostituzione urgente della valvola aortica – spiega il professor Massetti, ordinario di Cardiochirurgia all’Università Cattolica del Sacro Cuore, Direttore dell’Area Cardiovascolare e dell’UOC di Cardiochirurgia della Fondazione Policlinico A. Gemelli -. Dopo una stratificazione del rischio (processo che valuta gli oggettivi rischi di un intervento a cuore aperto rispetto a quelli della malattia) abbiamo avviato il programma di chirurgia valvolare mininvasiva con la valvola Avalus™. La paziente è stata operata nella sala ibrida del Gemelli a dicembre con una degenza complessiva di quattro giorni dopo l’intervento e una riabilitazione di circa due settimane. L’intervento è perfettamente riuscito; l’impianto non è stato seguito da complicanze e la protesi ha dimostrato i vantaggi previsti con un miglioramento della funzione cardiaca e delle condizioni generali della paziente».

Data l’età media dei pazienti sempre più alta, è ormai preferibile ricorrere all’impianto di protesi biologiche al posto di quelle meccaniche che necessitano di una terapia anticoagulante a vita dopo l’intervento. Anche se la durata delle valvole biologiche si attesta intorno ai 10-15 anni con la successiva necessità di sostituirle, grazie alle bioprotesi di ultima generazione è possibile reintervenire tramite tecniche percutanee, piuttosto che sottoporre il paziente a una nuova operazione di sostituzione della valvola deteriorata.

La nuova valvola biologica Avalus™ di Medtronic, in pericardio bovino, sintetizza tutti i benefici ottenuti negli anni con le bioprotesi già in uso, le più impiantate nell’ambito della chirurgia valvolare. Continua il professor Massetti: «è composta da foglietti valvolari in pericardio montati su un supporto semi flessibile che ne garantisce il funzionamento favorendone il posizionamento. Ha numerosi vantaggi: un trattamento del materiale biologico, cioè del pericardio, che ne facilita la longevità, un profilo basso e un anello di sutura avanzato (la parte che permette di fissare la valvola a livello del cuore con fili di sutura in grado di saldarla prontamente). Il tessuto artificiale dell’anello, inoltre, favorisce la cicatrizzazione rendendo la valvola ancor più compatibile con l’apparato circolatorio. Un impianto più semplice e più “biocompatibile” rispetto al passato. Infine, permette una migliore gestione del paziente qualora il rimanifestarsi della patologia richieda un nuovo intervento chirurgico o transcatetere».

Le prime protesi biologiche risalgono agli anni ’70 e venivano prodotte con tessuti dello stesso paziente. In seguito, si è passati a quelle provenienti da tessuti di suino, fino alle valvole in pericardio bovino o equino. Si tratta di animali altamente controllati, allevati appositamente per questo utilizzo. Oggi, ne beneficiano la maggior parte dei pazienti, in quanto in grado di garantire ottime prestazioni, preservando la qualità di vita.

La anziana donna operata con successo al Gemelli di Roma grazie alla chirurgia valvolare mininvasiva ibrida, ha oggi una cicatrice finale di appena 3 cm. Un trauma chirurgico molto limitato, non paragonabile a quello della chirurgia tradizionale, di circa 25 cm.

«Presso il Gemelli adottiamo tutte le tecniche cardiochirurgiche più avanzate, in particolare la chirurgia mininvasiva di routine, grazie alla presenza di una sala operatoria ibrida di ultima generazione che permette di realizzare procedure tecnologiche avanzate in totale sicurezza per il paziente. Ci basiamo sul concetto del “paziente al centro”, dove tutte le competenze dell’Area Cardiovascolare lavorano in sinergia analizzando la patologia e le differenti problematiche del paziente e decidendo poi insieme il percorso terapeutico più idoneo. Questo è possibile grazie al nostro “Heart Team”, un’equipe multidisciplinare composta da tutte le figure professionali necessarie per curare il cuore, dai cardiologi ai cardiochirurghi fino agli anestesisti e agli psicologi. Il gruppo si riunisce ogni giorno per un’ora, analizza tutti i casi e sceglie come procedere. Un approccio che ha portato molti benefici in termini di risultati clinici e di soddisfazione dei pazienti e delle loro famiglie» – conclude il professor Massetti.

 

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