“Up Again After Stroke”, la vita dopo l’ictus

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Terza causa di morte, prima di invalidità e seconda di demenza: parliamo dell’ictus cerebrale, patologia dai numeri già non certo trascurabili, ma in costante crescita, considerando che oggi si vive più a lungo, che l’Italia è tra i Paesi europei con speranza di vita più elevata e che le cure disponibili sono in continuo miglioramento e costante evoluzione. Fondamentale per la prevenzione è la adeguata consapevolezza da parte dei cittadini dei fattori di rischio che da soli o, ancora di più, in combinazione tra di loro aumentano la possibilità di incorrere in un ictus: ipertensione arteriosa, obesità, diabete, fumo, sedentarietà ed alcune anomalie cardiache e vascolari.

“Up Again After Stroke” è il tema scelto dalla World Stroke Organization (Organizzazione Mondiale dell’Ictus Cerebrale) e fatto proprio dall’Associazione per la Lotta all’Ictus CerebraleA.L.I.Ce. Italia Onlus – in occasione della la XIV Giornata mondiale contro questa patologia che si celebra, come ogni anno, il prossimo 29 ottobre. L’ictus cerebrale è una malattia grave e disabilitante che colpisce ogni anno nel mondo circa 15 milioni di persone e nel nostro Paese circa 150.000; quelle che sono sopravvissute, con esiti più o meno invalidanti, sono oggi almeno 800.000.

L’ictus

è un evento improvviso, inatteso, traumatico di fronte al quale è normale sentirsi sconfortati e increduli e che ha un forte impatto non solo sulla persona colpita, ma anche sulla sua famiglia. Ed è quando si torna a casa, dopo un periodo di riabilitazione che nelle regioni più attrezzate può variare dai 40 giorni ai due mesi, che ci si trova ad affrontare realmente la nuova situazione. “In questa fase così delicata, i sopravvissuti e le loro famiglie spesso sono soli ad affrontare un impegno che non è soltanto pratico ed emotivo, ma anche economico – dichiara la dottoressa Nicoletta Reale, Presidente di A.L.I.Ce. Italia Onlus. I servizi socio-sanitari e sociali non riescono a supportare tutti coloro che necessitano di cure e si genera una situazione di sofferenza sia per le persone colpite (in particolare gli anziani) sia per i caregiver, soprattutto alla luce del fatto che un caregiver su 5 è anziano a sua volta”.

“Desideriamo che la persona colpita da ictus e la sua famiglia siano consapevoli di non essere sole – continua la dottoressa Reale. Queste persone devono sapere che esistono organizzazioni dedicate, come la nostra, che possono fornire informazioni sia creando una rete di contatto con chi purtroppo ha già vissuto la stessa esperienza, sia impegnandosi nella ricerca di soluzioni che, in modo sostenibile, assicurino la disponibilità d’interventi terapeutici altamente specializzati, una maggiore efficacia delle cure e di conseguenza un miglior investimento delle risorse disponibili”.

Per le persone colpite da ictus è, dunque, fondamentale che siano organizzate al meglio le reti di supporto: nella fase cronica della malattia, è principalmente la famiglia che ha la responsabilità di prendere decisioni molto impegnative, quali, ad esempio, utilizzare ancora qualche servizio della sanità pubblica oppure rivolgersi a servizi privati o a personale retribuito. Più della metà di chi sopravvive ad un ictus presenta un grado di handicap tale da aver bisogno di assistenza domiciliare e supporto continuativi da parte di qualcuno a lui totalmente dedicato, che molto spesso è il caregiver familiare. Sono, queste, figure speciali che spesso restano discretamente nell’ombra, che si auto-organizzano per far fronte ai bisogni di assistenza dei propri cari non più autonomi; e il ricorso a badanti regolari non è molto diffuso, specialmente al Sud.

A.L.I.Ce. Italia Onlus è attiva, oltre che sulla sensibilizzazione e informazione alla popolazione sulla malattia, anche sul fronte della prevenzione come quello del post-ictus. Sabato 27 ottobre si chiuderà a Roma “Riprenditi la vita”, la campagna di informazione sulla Fibrillazione Atriale (FA) e sull’importanza di tenerla sotto controllo per evitare ictus invalidanti. Partita lo scorso maggio da Napoli, questa terza edizione, che ha ottenuto il patrocinio del Ministero della Salute, dell’Italian Stroke Organization (ISO), della Società Italiana di Medicina Generale (SIMG), della Società Italiana di Neurologia (SIN) e della Società Neurologi Ospedalieri (SNO), ha toccato alcune delle più importanti città italiane.

Obiettivo dell’iniziativa, realizzata grazie al contributo non condizionato di Boehringer-Ingelheim, è stato quello di estendere il messaggio di prevenzione all’intera popolazione, diffondendolo sul territorio, informando il pubblico sui fattori di rischio dell’ictus, sul “pericoloso legame” con questa anomalia del ritmo cardiaco, sulle diverse e innovative opzioni terapeutiche a disposizione e sulle limitazioni che ne possono derivare.

“Riprenditi la vita” – continua Nicoletta Reale – ci ha permesso di diffondere la conoscenza e la cultura della prevenzione dell’ictus in maniera capillare, toccando alcune delle principali città, dal nord al sud, isole comprese, grazie all’impegno e al coinvolgimento delle associazioni locali che rappresentano il punto di riferimento principale sia per consigli e suggerimenti sulla prevenzione primaria (a livello educazionale, per quanto riguarda la conoscenza dei fattori di rischio e le necessarie modifiche dello stile di vita) sia soprattutto sulle opportunità disponibili nelle difficili fasi di quella secondaria, del post-acuto e, ancor di più, dell’eventuale assistenza al domicilio”.

Anche su questo secondo tema si concentra l’attenzione dell’Associazione, in particolare quello della riabilitazione post-ictus, aspetto fondamentale che purtroppo però, nel nostro Paese, viene applicato in modo disomogeneo e frammentario, con inevitabili e gravi ripercussioni su chi sopravvive e sulla sua famiglia. La riabilitazione costituisce un approccio terapeutico fondamentale, a partire dalla fase acuta, per migliorare gli esiti di chi è stato colpito da ictus e per restituirgli la maggiore autonomia possibile, anche per evitare le complicanze causate dalla immobilità. Oltre all’assiduo impegno per favorire la realizzazione del numero previsto di Stroke Unit sul territorio italiano, A.L.I.Ce. Italia Onlus ritiene altrettanto importante che, nel nostro Paese, vengano assicurati percorsi di neuroriabilitazione che, nei casi gravi, possano comprendere interventi multidisciplinari complessi, volti al recupero di facoltà non solo motorie ma anche cognitive, indispensabili per restituire autonomia alla persona e facilitare il suo auspicabile ritorno alla vita familiare, sociale e lavorativa.

Risulta dunque urgente la realizzazione di un equo e uniforme accesso al Servizio Sanitario nazionale, che superi le attuali, gravi differenze territoriali e che, più in generale, si traduca in un’azione concreta per affrontare una così importante e delicata questione.

Tutte le informazioni sulle numerose iniziative nazionali, regionali e locali previste in occasione della Giornata Mondiale del prossimo 29 ottobre saranno inserite sul sito: www.aliceitalia.org.

Le nuove terapie

della fase acuta (trombolisi e trombectomia meccanica) possono evitare del tutto o migliorare spesso in modo sorprendente questi esiti, ma la loro applicazione rimane a tutt’oggi molto limitata per una serie di motivi. I principali sono rappresentati dalla scarsa consapevolezza dei sintomi da parte della popolazione, dal conseguente ritardo con cui chiama il 112 e quindi arriva negli ospedali idonei, dal ritardo intra-ospedaliero e, infine, dalla mancanza di reti ospedaliere appropriatamente organizzate.

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